Avete mai pensato a cosa accadrebbe se due maestri del blues un giorno decidessero di fare un disco assieme? Io non mi ero mai posto il problema, ma poi, per puro caso, mi cade fra le mani un certo album… "Riding With The King" per l’appunto. Basta la prima nota del brano da cui prende nome l’album per capire subito qual'è la linea musicale che il disco intende seguire, cioè le più classiche e piacevoli sonorità del blues.

Si vede subito lo stampo di un certo Clapton, infatti il brano è un classico blues "claptoniano" (concedetemi il termine, se possibile), ovvero un blues molto vivace, allegro e coinvolgente dove non solo le chitarre la fanno da padrone, ma anche il pianoforte e le coriste sono molto presenti e contribuiscono ampiamente a creare quella atmosfera gioiosa e spensierata che sicuramente si respirava negli studi durante le varie sessioni di registrazione dell’album. In questo brano, dunque, il tema musicale è stato dettato sicuramente da Clapton, così come il grande King conduce, invece, quello della seconda traccia, "Ten Long Years". Semplicemente blues, quello tipico e classico, senza troppi accorgimenti esteriori particolari, senza giri superflui, il blues alle sue origini sicuramente ha suonato come in questo episodio del disco. La semplicità qui la fa da padrona, ma quella semplicità che ti fa rimanere senza fiato appena la senti, perché non riesci a spiegarti come un brano così genuino può essere allo stesso tempo così coinvolgente e piacevole. Un pianoforte leggero che fa da accompagnamento alle varie note che vengono fuori da delle chitarre suonate con una tale maestria da far sembrare tutto estremamente facile e banale. Sarà così per tutto l’ album, ovvero i brani in cui conduce le danze Clapton si intervallano sempre a quelli in cui invece sarà B. B. King a decidere su quale tema si deve "improvvisare". Non a caso ho usato il termine improvvisare, infatti molte di queste tracce hanno quel sapore del pezzo improvvisato in un qualsiasi locale blues, come ce ne sono tanti sparsi per il mondo. Così il testo finisce per non essere fondamentale, va in secondo piano, quasi un pretesto per poter permettere a questi grandi bluesman di esprimere tutto quello che avevano dentro in quel momento.

Insomma ascoltando questo disco, lasciandosi trasportare dalla musica, si ha quasi la sensazione di vedere i due maestri che piacevolmente siedono l’uno di fronte all’altro, su di un palco di in un piccolo club, a deliziare i pochi eletti, che sono li in quel preciso istante, con le loro session di alta qualità.

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