SUMMER IS HEAVEN IN SEVENTY-SEVEN........

Cosi' Marc Bolan se la cantava allegramente sotto il sole d'agosto, celebrando quell'estate col suo nuovo 45 giri, un'estate musicalmente rovente nel Music-Biz britannico, un cambiamento da festeggiare, e neanche la morte di Elvis in quel 16 del mese riusci' a fermare il London Party,a suon di No Future, White Riot e svastiche piazzate a mo' di lutto al braccio, prese in prestito dalle visioni Bowiane in diretta da Berlino Est.

Ma Bolan non era un visionario mitteleuropeo, semmai un menestrello andato ad abbeverarsi nel delta del Mississippi, ricevendo la benedizione di Bessie Smith, per poi procedere in autostop alla volta di Woodstock, e ritornare a casa giusto in tempo a non perdere l'imbarco per l'isola di Wight. Il link con la Punk Generation, e il suo grande colpo di genio, fu il saper reinventare il Rock'n'Roll facendolo risplendere col suo sorriso prima ancora che con "all those glitters", e dandolo in pasto a bambini e adolescenti, proprio quelli che 6 anni dopo, iniziarono a far piazza pulita delle suite di 20 min. corredate da vesti grafiche barocche e fantascientifiche, pronti a sterminare i grandi rettili ancora in circolazione.

Destino volle che, nuovamente il 16, solo un mese dopo Elvis, Bolan finisse i suoi giorni schiantato in una Mini contro un albero: quindi anche l'Inghilterra ebbe la sua tragedia, mentre molti di quei dinosauri scappavano a gambe levate con le valigie in mano, destinazione USA. Ecco spiegate le operazioni miliardarie di chi il Breakfast preferi' farselo in America, o di chi trasporto' casualmente Baker Street nella 5th Avenue, per non parlare dei sodalizi Anglo-Americani atti a riempire di nuovo le valigie ( ma di dollaroni ), nel caso degli irriconoscibili Fleetwood Mac o dei reduci di seconda classe Foreigner, di nome e di fatto.

Bowie resto' l'unico a indicare la strada, certo che anche il Punk doveva evolversi in fretta subodorandone la sua Waterloo, ma la cosa piu' sconcertante e' che non c'era nessuna band a poter fare altrettanto. I Roxy Music trascorsero una sorta di letargo forzato, un break-up mai ufficializzato, col primo Greatest Hits pubblicato furbescamente nel '77 per tener alta la propria bandiera, e nulla piu'.

Esiste un segreto ancora ben custodito che personalmente risale a quel 1977, quando a casa mia arrivo' la prima Enciclopedia del Rock di grandi dimensioni, firmata da Nick Logan e Bob Woffinden, tradotta e pubblicata in Italia. Di parecchi nomi ero completamente ignaro, altri mi incuriosirono per le bizzarre denominazioni, e trovai che Be-Bop Deluxe di per se' fosse qualcosa di interessante, ma per molto tempo non riuscii a trovare nessun loro disco, e nessuno che li conoscesse.

Nel 1983 una copia di Drastic Plastic fini' tra le mie mani in un vecchio negozio di dischi trasformato in concessionaria di autoradio: feci un bel sorriso e me lo portai a casa, e mai avrei immaginato che potesse essere un idillio nato li' ed arrivato intatto fino ad oggi.

Dopo oltre un trentennio, le motivazioni per scrivere questa rece sono state le mie ricerche nel web per avere una conferma che non fosse solo la mia pur antica e certa convinzione, ed ecco che un giorno, sfogliando il blog "Julian Cope Presents....", quella copertina mi riappare d'incanto e il contenuto riesce a darmi finalmente quella risposta agognata da tempo.

Nel 1977 la band del virtuoso chitarrista Bill Nelson ha gia' cinque album alle spalle, e la reputazione di un sound camaleontico, cio' che in mancanza di meglio veniva etichettato come Art Rock, e che nel loro caso assorbiva con disinvoltura Hard Rock, Progressive, Glam senza la pomposita' dei Queen o l'algidita' Camp dei Roxy. Ma ci vuole altrettanta intelligenza non solo a stare al passo coi tempi senza passare per vecchi Valentini vestiti di nuovo, ma anche a far suonare perfettamente attuale nel 1983 un disco registrato 6 anni prima, e per una band inglese si tratta di un primato molto ben nascosto ancora oggi, e mai celebrato minimamente.

L'infatuazione di Nelson per la purezza artistica, quell'arte vista come un martello e non come uno specchio, mutuata dall'amore incondizionato per il suo eroe-ispiratore Jean Cocteau, si impadronisce di un moderno schermo televisivo da infilare in testa, e porta la band a incidere il disco naturalmente quell'estate li' in una residenza in Costa Azzurra, un castello dove soggiorno' lo stesso Cocteau, mantenendo la produzione dei tre album precedenti, quel John Leckie che di li' a poco sarebbe finito in studio con gli XTC per il loro debutto a 33 giri, nel '78 col debutto dei Magazine, nel '79 in quello dei Simple Minds. Tutti loro, e me ne accorsi presto, devono molto a questo disco.

Il ruolo delle tastiere per la prima volta tiene il passo con quello chitarristico, Andy Clark acquista un Polymoog freschissimo di fabbrica, ed e' il primo suono ad uscire dai solchi, un sincopato robot che ci parla attraverso un Electrical Language, invitandoci a scoprire il suo mondo e ad auscultarne il battito " Turn up the rhythm and you'll pick up the beat ", Un battito che si fa marziale in New Precision, una Devo-lution intro prima che la band di Akron si mostrasse al mondo, Nelson, tra stacchi improvvisi e solismi caldi, dettati dagli effluvi mediterranei della location, ci prepara un finale apocalittico in loop, una metamorfosi del genere umano verso gli abissi marini " The world is closing down, Now is the dying season, Let's walk into the sea...", Una decadenza spazzata via dalla terrazza vista-mare di Surreal Estate, Pop-Art di rara eleganza e che fin dal primo ascolto mi riporto' nei ranghi dei Generals and Majors con quella voglia pazza di fischiettare a suon di hooks ( Cari Partidge e Moulding, ma quanto vi ha ispirato sto gioiellino? ). Ma non si parlava di Punk? E' Punk 77 cio' che volete? Due accordi solo due per l'attacco di Love in Flames, con incastonato un break chitarristico da antologia appena titillato da un Vox Continental Organ, e da un testo che trasuda lussuria e famolo strano a tutti i costi " I want to be your mystic, i want to be your gypsy, i want to be your target, anytime you want to hit me ". Non sono che alcuni episodi di un'opera divertente, poliedrica, dai testi arguti e dissacranti, e dove vengono fuori anche scampoli totalmente inaspettati come il capolavoro per chitarra acustica Visions of Endless Hopes, registrato volutamente all'aperto e di cui si avvertono realmente i caldi e avvolgenti raggi di luce. Una sorta di tributo al Bolan scanzonato nella contagiosa Dangerous Stranger e la schizofrenica andatura pre-Cardiacs di Superenigmatix rendono il tutto un concentrato di varieta' e visione musicale pressoche' completa, e cio' ne spiega l'assoluto valore, e l'influenza a venire per nuove generazioni di musicisti.

Bill Nelson, nonostante una carriera solista prolifica come pochi altri, e collaborazioni storiche ( Gary Numan, Yellow Magic Orchestra, David Sylvian ), resta un mistero insoluto. Chitarrista tra i miei preferiti, dallo stile e tecnica inconfondibili, cantante dai toni suggestivi, chiudera' qui la pratica Be-Bop Deluxe aprendo l'effimera ma importante parentesi Bill Nelson's Red Noise. Forse un giorno ve la presentero'.




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