“Ill comunication” è certamente uno dei lavori chiave della prima metà degli anni 90, per comprendere quelle ibridazioni stilistiche che sono state spesso etichettate sotto il nome di crossover.
I tre ragazzacci della Grande Mela erano partiti col celebre “Licensed to ill” del 1986, uno dei più grandi bestseller degli anni 80: tale disco si proponeva come un primo incontro tra il rap e la cultura rock. Ma fu col successivo “Paul’s boutique” che il registro stilistico dei Beasties si aprì a ventaglio, abbracciando il funk, i campionamenti e l’elettronica, grazie alla fondamentale produzione dei Dust Brothers.
Dopo l’ottimo “Check your head” del 1992, toccò appunto al fondamentale "Ill comunication”. Tale album fu accompagnato da un primo singolo semplicemente strepitoso. Quel “Sabotage” che non viene ricordato solo per il celebre videoclip firmato Spike Jonze, ma soprattutto per costituire una delle miscele sonore più eccitanti ed esplosive degli anni 90: un ibrido hardrock-funk-rap da paura, la canzone che forse neanche i Rage against the machine erano riusciti a forgiare.
Il resto dell’album non è da meno, e costituisce un formidabile caleidoscopio sonoro in qui ci si trova di tutto: dall’eccellente hardcore di “Tough guy “ (feroce dedica a Bill Laimbeer, mitico centro dei Detroit Pistons), ai classici esercizi old school (“B-Boys Makin' With the Freak Freak”, “Get it together”), oppure ancora grooves funky abissali (“Sure shot”, ”Root down”), e tutta una serie di strumentali favolosi, in particolare il funk-bossanova di “Futterman's rule”, trascinato dalle tastiere del grande Money Mark.
Menzione particolare pure per l’esperimento orientaleggiante di “Bodhisattva vow”, che segnala un notevole salto nei testi - non lontani del Kerouac di “I vagabondi del Dharma” - distanti anni luce dal celebre e sboccato sessismo del primo disco.
In definitiva, “ill comunication” è forse un gradino sotto "Paul’s boutique” e "Licensed to ill” nella discografia del gruppo, ma rimane a conti fatti uno degli album simbolo degli anni 90, per l’influenza esercitata su miriadi di artisti: un nome a caso, Beck.
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