"Suoneremo più strumenti e faremo meno campionamenti, ci sarà più rock". Mike Diamond
In questa amara vita le sòle (detti anche “pacchi” o “fregature”) sono all’ordine del giorno. Non c’è pubblicità o passaparola che, dietro a mille promesse di eccellenza con vere e proprie “raccomandazioni a non perdersi questo o quest’altro”, nascondano in fondo in fondo una delusione amara. Questo nella scelta di un film, nell’ultimo libro da leggere o del CD da acquistare. Bisogna sempre andare coi piedi di piombo e cercare di rubare più informazioni possibili in merito all’oggetto che si va ad acquistare (e fin qui, tutto abbastanza ovvio!).
Prendiamo questo “The Mix-Up” dei Beastie Boys uscito quest'anno. Qualcuno che ha fama di intenditore del genere, recentemente (proprio qui) ne ha parlato gran bene votandolo addirittura con 5 stelle (cioè “il massimo”, praticamente “un capolavoro”, voto che io ritengo poter dare a non più di 150 cd al massimo) ed è per questo che, trovandolo a una bancarella dell’usato a 8 miserrimi euro, non ho potuto resistere dal consiglio fidandomi ciecamente dell’acquisto “a scatola chiusa”.
Premetto che non sono un grande amante di rap e hip-hop anche se una 20ina di CD li ho (7 dei quali italiani) ma il fatto che il disco in questione sia privo di parti cantate mi rende un attimo sciolto nell’azzardare un giudizio prettamente musicale su questi 12 pezzi nuovi di zecca ad opera di Mike "D" Diamond, Adam "MCA" Yauch e Adam "Adrock" Horovitz, titolari ufficiali del marchio “Beastie Boys” sin dal loro strepitoso esordio di “Licensed to Ill” (1986, più di 20 anni fa - disco tra quei 20 che ho ovviamente) in collaborazione con Money Mark alle tastiere e Alfredo Ortiz alla batteria.
Un disco che rimanda direttamente a quel vecchio “The In Sound from Way Out!” del 1996 (un'altro di quelli dischi che ho, fuori lista) fosse solo per non essere cantato e per una certa continuità musicale per altro scontata visto la formazione pressoché identica.
Un disco questo Mix-Up non affatto brutto, per carità, sia chiaro, a tratti entusiasmante con pezzi davvero piacevoli (ascoltare “Suco de Tangerina” col suo incedere reggae col contrappunto della tastiera vintage a ricamare un contrasto davvero irresistibile o "The Gala Event" dall’incedere quasi trip-hop) ma un lavoro che, alla fine, lascia un certo sapore di irrisolutezza al progetto per altro molto ripetitivo e con pochi spunti davvero innovativi. Molte canzoni hanno un potenziale che potrebbe essere ben espresso se integrate da una parte cantata adeguata e che, prive di quella, hanno poca ragion d’essere.
Un disco comunque “interamente suonato” a differenza del precedente “To The 5 Boroughs” del 2004 campionato al 90% e che, se da un lato fa apprezzare le qualità di strumentisti del gruppo, dall’altra né delinea i propri limiti con una musica fin troppo scarna e priva di fantasia, ottima, ripeto, come base sonora per veri pezzi rappati, ma davvero poco interessante per uno che dalla musica in sé pretende qualcosa di più. Il mix della base ritmica (basso e batteria sempre molto affiatati) contrappuntati dalle chitarre e dalle tastiere che rimandano agli anni 60 funziona e ci tiene compagnia, ma un’intero album suonato così, alla fine sa di poco. Anzi, oserei dire: annoia.
Carino si, ma di certo NON quel capolavoro “da 5 stelle” che tanto promettevano alcuni critici. Un disco che, una volta scaricato sul mio i-pod e ascoltato giusto quelle 3 o 4 volte, tornerà quatto quatto al mercatino dei CD usati da dove era stato strappato. Salvo che qualcuno non mi faccia espressa richiesta del suddetto, in quel caso per 8 infidi euro glielo spedisco direttamente io a casa per posta prioritaria (a mio carico, ovviamente).
1. B For My Name
2. 14th St. Break
3. Suco De Tangerina
4. The Gala Event
5. Electric Worm
6. Freaky Hijiki
7. Off The Grid
8. The Rat Cage
9. The Melee
10. Dramastically Different
11. The Cousin Of Death
12. The Kangaroo Rat
Carico i commenti... con calma