Beck è un artista in continua evoluzione che usa il linguaggio musicale per sperimentare nuovi modi comunicativi, lo dimostrano i suoi dischi sempre diversi stilisticamente, ma uniti da un comune denominatore che è l'eclettismo del signor Hansen.
Ci aveva lasciati con il mediocre "The information" che, sebbene facesse intravedere alcuni spiragli di luce, trasmetteva una sensazione di pesantezza a causa di alcune scelte non proprio azzeccat e (vedi la suite finale) ma adesso, il nostro, memore dei suoi errori, ha chiamato Danger Mouse (metà Gnarls Barkley) ha minimalizzato ancora di più il suo sound ed ha recuperato quel vintage anni 60 tanto in voga nel 2008. Le influenze ci sono e tante, i Beatles, i Beach Boys, Crosby Still Nash & Young, e al primo ascolto non si può non notare un cambio nelle melodie vocali, alcune così vicine al grunge, altre molto più cupe e lontane da certi canoni del pop odierno come a voler marcare il brusco cambio di sound.
Cambio di produttore, di stile, di armonie e melodie; "ma allora questo disco è un capolavoro" direte voi! Non esattamente, ANZI...
Purtroppo il fatto di non aver voluto inserire singoli ha sortito l'effetto "acèdia". L'album è piatto, e l'entusiasmo iniziale comincerà a scemarsi nella seconda parte del disco, facendo posto a sbadigli e distrazioni varie; arrivati a "Volcano" (l'ultima traccia) sentirete un vuoto, come se l'album vi fosse scivolato addosso senza permeare minimamente nella vostra anima.
Da salvare due o tre brani, come la title-track, forte di un ottimo riff ed un groove trascinante (No one knows docet!!) e "Chemtrails" ballata in puro stile anni 70 con tanto di reprise e guitar-solo finale.
Che dire, "il cavallo buono non si vede dallo scatto iniziale ma sulla lunga distanza" e il signor Hansen barcolla tra la genialità del primo Beck (scatto iniziale) e questi passi falsi senza arte nè parte (lunga distanza)... che dire, dopo Nigel "Radiohead" Godrich anche Danger Mouse verrà messo in panchina... sotto a chi tocca!!!
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