Primi anni '70: i Beatles dicono basta; nasce l'hard rock con i primi, seminali album della triade Deep Purple-Black Sabbath-Led Zeppelin, in ambito pop splende luminosa la stella di Elton John e, dal canto loro, i Bee Gees entrano in una fase di confusione se non proprio di crisi: "Odessa" ha lasciato il segno, non si può dire che abbia prosciugato completamente i fratelli Gibb, ma quasi:  nel 1970, senza Robin, pubblicano un album poco pretenzioso ma molto vivace e gradevole, con ottimi episodi, "Cucumber Castle" seguito da "2 Years On", sfilacciato, disorganico e confusionario. Il 1971 è l'anno di "Trafalgar", non privo di valore ma piatto e intriso di stucchevole melassa, il 1972 di "To Whom It May Concern", fatuo e totalmente privo di interesse e infine, nel 1973, questa fase di riflusso si chiude dignitosamente con "Life In A Tin Can": un disco proporzionato a quello che potevano dare i Bee Gees in quel periodo, e proprio per questo più riuscito dei suoi predecessori.

"Life In A Tin Can" è un album minore nel senso positivo del termine: melodie semplici, senza mai essere dozzinali, stile sobrio e pulito: l'opulenza degli anni '60 è definitivamente archiviata, qui i Nostri si limitano al pianoforte e alle chitarre acustiche, con qualche azzeccata orchestrazione qua e là. Le canzoni sono solo otto, ed anche questo è un pregio perché si evitano i vacui e inutili riempitivi che avevano rovinato i tre album precedenti; pur senza grandi picchi, questo album è un ascolto piacevole e disimpegnato: "Come Home Johnny Birdie" e "While I Play" danno un tocco di vivacità e spigliatezza country incisiva ed efficace, "I Saw A New Morning" riprende in parte la tradizione orchestrale del decennio precedente che si innesta in un contesto quasi pop rock, dando origine ad una melodia ariosa e coinvolgente, e per il resto sono i lenti a prevalere: in primis il folk soffuso e bucolico di "South Dakota Morning" e le tre piano-ballads "My Life Has Been A Song", "Living In Chicago" e "Methods To My Madness", semplici e candidi squarci di dolcezza, non privi di un certo slancio e melodicamente all'altezza di album come "Horizontal"; che compensano ottimamente l'omologa "I Don't Wanna Be The One", unico punto debole dell'album per il suo approccio troppo monocorde e strappalacrime.

Per la prima volta nella storia dei Bee Gees, "Life In A Tin Can" non produsse alcun singolo degno di nota e passò del tutto inosservato, eppure a mio avviso merita una rivalutazione: è un album ben strutturato e definito; chiaramente figlio di un periodo di stagnazione e carenza di idee, e a maggior ragione sorprendente per il suo ottimo equilibrio generale; già a partire da "Mr. Natural" dell'anno successivo i fratelli Gibb troveranno nuovi stimoli ed ispirazioni; da lì partirà la scalata al successo planetario, e mai più li sentiremo suonare come in "Life In A Tin Can", semplice, fugace, umile e adorabile episodio minore.

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