Analizzare la carriera dei Bee Gees dal 1970 al 1973 equivale ad addentrarsi in un sentiero accidentato e sconnesso fatto di tanta confusione, tanta indecisione, pochi ed episodici guizzi degni di nota ed un crollo verticale di incisività. Quel pessimo concentrato di melassa intitolato "Trafalgar", album di piagnistei irritanti e senza spina dorsale che tenta di mascherare una totale assenza di idee con arrangiamenti soffocanti ed ipertrofici, ma che inspiegabilmente gode di un certo credito e reputazione, ne è l'esempio più solare, anche più di intrugli fumosi ed incocludenti come "2 Years On" e "To Whom It May Concern", in cui quantomeno si intravede un disperato tentativo di continuare a proporre sonorità eclettiche ed originali. I Bee Gees erano una pallida ombra del loro primo periodo aureo, il 1967-1969, di fatto clinicamente morti, ed urgeva una svolta immediata, altrimenti sarebbero andati incontro ad un'agonia artistica nel più totale anonimato. Il vulcanico Barry, fratello maggiore e mente compositiva di più larghe vedute, ha l'idea vincente: capisce che era ora di darci un taglio con le ballads; i tempi di "Let There Be Love", "Massachussets" e "First Of May" sono ormai definitivamente alle spalle ed il futuro è tutto per il ritmo, per l'adrenalina e la vitalità, e la sua lungimiranza verrà ampiamente ripagata con la repentina rinascita del nome Bee Gees.

 Dopo un album come "Odessa" non era più possibile per i Bee Gees reggere lo sforzo compositivo di un pop omnicomprensivo, meglio restringere il campo ad un range stilistico più limitato ma più incisivo e moderno e dare una bella svecchiata all'immagine del trio, che passa anche per la creazione di un logo ufficiale che fa bella mostra di sè sulla copertina di "Main Course". Tuttavia, questi non sono ancora i Bee Gees di "Saturday Night Fever" e "Spirits Having Flown", il processo compositivo è ancora diviso equamente tra i tre fratelli, la voce di Barry è predominante ma non ancora egemonica, ed il suo falsetto, che in "Main Course" fa il suo debutto ufficiale, è ancora confinato a pochi momenti. In ultima analisi, "Main Course" è un sontuoso album pop con forti sfumature funk, soul e RnB, prodotto divinamente, arricchito da fantastiche armonie vocali ed un songwriting di altissimo livello. Pezzi come "Fanny Be Tender With MY Love", "Nights On Broadway" e "Jive Talkin'" ormai sono storia, sono standards della musica pop, ma ci sono anche una travolgente "Wind Of Change", forse l'apice danzereccio dell'album, l'incedere spavaldo e quasi marziale di "All This Making Love", momenti più languidi come "Come On Over", "Baby As You Turn Away", la progenitrice di "How Deep Is Your Love" e due meravigliose ballads, "Songbird", scritta con un orecchio ad Elton John e "Country Lanes", l'unico momento di gloria per Maurice in "Main Course", una delle melodie più belle mai scritte dai Bee Gees arricchita da armonie vocali mozzafiato.

 "Main Course" è un album che accontenta tutti, i fan dei Bee Gees di fine anni '60 così come gli estimatori del periodo disco, ed è semplicemente uno degli album più importanti ed influenti della storia del pop: incontrovertibile, impossibile negarlo. Un album che suona ancor freschissimo, perchè la classe più pura è quella che non appassisce mai, un disco coinvolgente, elettrico ed elettrizzante, con un pizzico di sensualità ed una verve compositiva che del tutto rinnovata, uno dei casi più lampanti di seconda giovinezza della storia musicale. Arrangiamenti perfetti, grandi canzoni ed un Barry Gibb finalmente al massimo delle proprie potenzialità canore che si avvia a prendere le redini del trio: ormai il pop orchestrale e sentimentale di Maurice aveva fatto il suo tempo, era parte del passato ed il carisma vocale del fratello maggiore e ad oggi unico supersite dei fratelli Gibb finirà inevitabilmente per prendere il sopravvento, con tutti i pro ed i contro che ne deriveranno. "Main Course" è l'inizio del processo di trasformazione ma non rinnega il passato, e proprio per questo è così perfetto, ed ascoltarlo è sempre una grandissima goduria.

 

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