Un'interessante opportunità di ascolto ci è offerta dal secondo album dei Bel Canto, uscito nel 1989. Il trio norvegese - Anneli Drecker alla voce più Nils Johansen e Geir Jenssen - presenta con "Birds of Passage" un lavoro vivace e curioso anche se destinato a restare nel cuore di pochi appassionati. Quante band conoscete voi, provenienti dalla fredda Norvegia?
Un miscuglio ben riuscito di new wave, elettronica, dream pop e qualche spruzzata di etnica si incontra lungo le 11 tracce del disco. Il quale non appartiene certo al mainstream, questo è pacifico, ma nemmeno a un underground catacombale. Diciamo che a volte qualche influsso techno può ricordare i Depeche Mode, mentre in altre occasioni il pensiero va ai Dead Can Dance (per es. l'intro di "Dewy Fields").
Sempre protagonista la voce di Anneli Drecker, morbida vocalist che sa assumere quando vuole atteggiamenti di maggior aggressività. I due gregari si spartiscono il lavoro agli strumenti e alla programmazione (Johansen è anche alla voce in "Time Without End"), con l'aggiunta di sei ospiti agli strumenti acustici come archi, clarinetto, tromba e flugelhorn.
L'elettronica la fa da padrona, ma l'album non risulta mai monotono o ripiegato in una dimensione stilistica inalterabile. È proprio la varietà di questo "Birds of Passage", suggerita forse dallo stesso titolo, a risultare vincente. Non mancano intermezzi sanguigni come "The Glassmaker", brano in cui la Drecker si produce in un vocalizzo medio-orientale intonando non un testo ma sillabe prive di significato (un po' alla Elizabeth Fraser o Lisa Gerrard), o come "Continuum", techno danzereccia cantata in... spagnolo.
Album dunque da assaporare in momenti in cui si cerca un ascolto non troppo impegnativo ma non per questo banale. La storia dei Bel Canto proseguirà oltre "Birds of Passage" pur registrando l'abbandono, subito dopo questo lavoro, di Geir Jenssen, che reincontreremo poco dopo col moniker Biosphere: un nome ben noto agli amanti dell'ambient.
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