Nel corso della propria storia i Bel Canto hanno più volte fatto ricorso all'effetto sorpresa e il loro quarto album, "Magic Box" del 1996 ne è l'esempio migliore e più lampante: si apre e si chiude con una sognante ninnananna accompagnata dal tintinnante suono di un carillon, e i colori notturni e sfumati della sua bella copertina potrebbero far pensare ad un disco sulla falsariga di "Shimmering, Warm And Bright", ma l'apparenza inganna: nella scatola magica non c'è poi molto spazio per atmosfere eteree e contemplative e soprattutto si tratta di un album di netta rottura con il passato. Nils e Anneli avevano probabilmente già intuito che continuare sulla falsariga del pur ottimo SW&B avrebbe portato ad una morte artistica lenta ma sicura (qualcuno ha detto Enya?), era arrivato il momento delle scelte coraggiose e radicali: attraversare il Rubicone, rivoluzionare quasi completamente il proprio sound, aprire un nuovo ciclo. Alla fine il risultato è "Magic Box", un album che sdogana basso e chitarra elettrica, fino a quel momento praticamente mai utilizzati dal duo di Tromso, aprendosi ad infuenze funk e soul; un lavoro gagliardo, il più brillante ed estroverso nonchè il più immediato e di facile assimilazione per un ascoltatore casuale.

Non si tratta comunque di un totale salto nel buio, "Magic Box" è un disco dei Bel Canto al 100% e si sente, le basi folk e l'aura immaginifica da sempre marchio di fabbrica della premiata ditta Drecker & Johansen sono ancora lì, ma l'approccio musicale è decisamente più diretto, più "concreto" rispetto al passato. L'energia funky contaminata da armonie mediorientali di "Freelunch In The Jungle" e "Didn't You Know It?" è forse l'esempio più emblematico di questo nuovo corso, che esprime un dinamismo quasi inedito, una carica positiva che trova una delle sue espressioni migliori anche in un brano di musicalità più folk come "Kiss Of Spring", idilliaca e spensierata, con una sempre splendida Anneli che si diletta in vocalizzi gioiosi e zampillanti. Un'altra caratteristica importante di "Magic Box" è il massiccio ricorso a sonorità orientali, in particolare con l'evocativa "Bombay" e "In Zenith", che parte in sordina per poi esplodere in un maestoso tripudio di archi e raffinati intrecci vocali, rinsaldando il legame con la componente più visionaria e spirituale dei Bel Canto e garantendo così un'ideale tramite con il passato anche in un album di netto cambiamento come questo. Una scelta saggia soprattutto con il senno di poi dato che quando, di lì a due anni, si sceglierà la strada della totale discontinuità saranno veramente dolori per Nils e Anneli.

Non solo il sontuoso cerimoniale di "In Zenith" ma anche tonalità più introspettive e filosofiche come quelle di "Sleepwalker", marcia soffusa e minimalista che fluttua ipnotica su un andamento lento ed indugiante, scandito dal basso ed accompagnato da un sitar, accostabile come approccio e musicalità ad alcuni episodi della prima Joni Mitchell. Anche in fatto di lenti, "Magic Box" viaggia su livelli altissimi ed offre tanti passaggi degni di nota come ad esempio ribadendo l'importanza degli influssi black music con "Rumour", midtempo soul/R'n'B elegantissimo e riflessivo che con qualche piccola modifica di arrangiamento potrebbe sembrare un classico di Sade. Dal punto di vista emotivo, l'apice viene raggiunto in "Paradise" e "Big Belly Butterflies": la prima ha forza ed un grandissimo impatto emotivo; punta tutto sull'elettronica accompagnata da qualche semplice fraseggio chitarristico originando una love song intensa, profonda e struggente, coronata da un'interpretazione ricca di pathos e lirismo, tra le migliori e più evocative della Anneli Dreacker più "pop", mentre la seconda punta su un approccio più candido, quasi fanciullesco; danza su un ritmo cullante e delicato, salendo d'intensità in un crescendo teatrale di vocalizzi e regalando sensazioni in bilico tra l'euforia e la fragilità.

Dopo "Birds Of Passage" i Bel Canto raggiungono ancora una volta la perfezione con un disco che (volutamente) non raggiunge gli apici inarrivabili del capolavoro datato 1989, ponendosi in un'ottica completamente diversa: immediatezza e facilità d'ascolto ma nessuna rinuncia in fatto di qualità, una combinazione vincente ed ispirata che fa di "Magic Box" un ascolto emozionante, eclettico ed avvincente, livello altissimo ed uniforme in tutti gli episodi ed una freschezza che lo rende superiore al precedente "Shimmering, Warm & Bright". Purtroppo la fase successiva a questo nuovo capolavoro non sarà gestita in maniera saggia ed avveduta come invece accadde nel post-BOP, con effetti destabilizzanti che incrineranno l'armonia tra Nils e Anneli portando dopo qualche anno allo scioglimento del duo, ma questa è un'altra storia, che non ha nulla a che vedere con "Magic Box".

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