Violenza, Odio e Perversione. Parole che al giorno d'oggi si sentono di continuo, o meglio che si vogliono sentire di continuo, in una società che prosegue sempre più verso un abisso fatto di nulla i Belphegor al loro sesto LP vogliono continuare a lasciare una profonda traccia nel panorama Black Metal e meglio non potrebbero farlo se non con la loro ultima uscita Pestapokalypse VI.

Violenza, Odio e Perversione letale e al contempo eternamente affascinante usato dagli austriaci che poco hanno cambiato dalle loro origini senza mai ripetersi, senza mai perdere le originali cattiveria e genuinità: un gruppo coerente, che si è sempre comportato in modo tale. E' vero, i loro contenuti sono profondamente satanisti e inneggianti alla demolizione di ogni principio cristiano, ma la loro musica è un invito verso ognuno a scavare in modo maggiormente profondo di fronte a queste cose, è l'invito verso ognuno, anche il più pacato e riflessivo come il sottoscritto, a concedersi un sfogo di inaudita crudeltà, di inaudito odio.
Non verso la Chiesa, non verso le istituzioni bensì verso qualsiasi cosa ci opprima, ci chiuda claustrofobicamente in noi stessi e, perchè no, verso quello che spesso ci fa soffrire e stare male. Che i Belphegor lo individuino nel cristianesimo e in ogni figura relativa a questa religione non conta, ognuno la pensa a modo suo e talvolta certe idee vengono condivise da diverse persone, ma l'album è un semplice e chiaro messaggio di violenza interiore o meglio violenza "introspettiva". Viverla è una scelta personale.

Le canzoni trasudano velocità, ferocia, rabbia allo stato puro; concesso. Ma non ci si deve fermare alla pura essenza di esso o almeno non sempre, bisogna saper alternare i momenti per farlo, ognuno deve capire quando concedervisi e quando invece ritornare in sè, apprezzando i momenti più lenti e apparentemente più ragionati, e sarà solo in questo momento che Pestapokalypse VI verrà capito nei suoi meandri nascosti, negli anfratti quasi irrangiungibili di questo genere musicale così immediato eppure così complesso per certi versi.

La batteria è una macchina da guerra che disintegra e devasta il terreno che incontra con passaggi di rapidità e precisione sconcertanti per poi subitom dopo far accorgere l'ascoltatore di come invece sappia fermarsi al momento giusto, quando la canzone richiede maggior lentezza. I riff di chitarra, duri e morbidi formano un perfetto matrimonio con il basso di Helmuth, carismatico vocalist e bassista storico della formazione, e trascinano via con loro ogni cosa, ogni pensiero. Le atmosfere invece si presentano come una mescolanza di periodi caldi e freddi, "Hell's Ambassador" e "Bluhsturm Erotika" sono rispettivamente ottimi esempi dell'una e dell'altra. Ma c'è ampio spazio anche per una componente decadentista, una riflessione sull'Io e su ciò che la realtà rappresenta per l'uomo, ed è allora che si comprende appieno il vero senso dell'album, qui compare la vera Peste e il confine del mondo appare più vicino di quel che si crede, l'orizzonte si restringe e la luce del palcoscenico ora illumina solo l'uomo e la sua mente.

I Belphegor pongono così chi ascolterà "Pestapokalypse VI" di fronte ai suoi istinti primordiali, proponendoci tutta la loro violenza e il loro odio, stimolando la sua interiorità ad uscire senza dimenticare che in fondo questo è parte dell'uomo dalla notte dei tempi.

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