Ricordo la bocca semiaperta di mia madre. Otto?, chiede incredula sfogliando e toccando il compito in classe manco fosse una banconota da 500 €. La vedo tramutarsi in un pesce al mercato sdraiato su un tappeto di ghiaccio ed alzandole il mento, TAC, le rispondo scandendo oltre modo le lettere: o-t-t-o. Mi viene ancora la pelle d'oca rivangando quel giorno sugli sci. In aria e senza alcun controllo mi sembrava di essere una marionetta; quel salto del cazzo mi aveva sparato talmente in alto che prima dell'impatto sulla pista ero riuscito a salutare i legamenti delle mie ginocchia; come siano rimasti attaccati e me la sia cavata solo con un congruo numero di ematomi leopardeschi è un mistero: sono certo che se Giacobbo avesse visto il video ci avrebbe ricamato almeno 10 puntate di Voyager! Chiudo gli occhi, apro la mano e mi sembra di sentire ancora quel gran paio di tette che per una notte, grazie Jagermeister, sono state mie. Poi ripenso al 2001-2002 e a quel gol su punizione all'incrocio dei pali partorito dagli zoccoli di Gresko o come cazzo si chiamava. Alla presentazione lo avevano definitivo il nuovo Brehme! 
Un'esistenza alla fine non è altro che una sequenza pressoché infinita di ricordi, personali o altrui, memorabili proprio perchè unici e non replicabili. Botte di culo o sfortune da legge di Murphy!

Il precedente "The Town", (ve lo consiglio tirandovi in faccia 3 palline e mezzo), mi era piaciuto parecchio: un buon action movie drammatico con un facile e prevedibile intreccio ben raccontato in meno di 2 ore. Un lavoro capace di accelerare e frenare a piacimento miscelando con sapienza tensione e dramma per una regia matura. Ma "Argo" dista appena 2 anni e questo ulteriore e deciso passo in avanti di Affleck non può essere frutto della fortuna/caso perché è grande cinema ed uno dei più bei film visti nel 2012. Forse il migliore se rapportato alle aspettative con le quali sono entrato in sala.

Tra i finestrini della macchina di plasticosa ferraglia sporca rimbomba la musica di Bob Dylan; la neve rende le strade collinari puro sapone in quanto una legge provinciale per sanare il bilancio foracchiato ha decretato l'utilizzo degli spalaneve durante la notte, (il film è finito a mezzanotte) solo con ingenti quantità di bianca coltre. Insomma, senza tirarla troppo per le lunghe, il culo della macchina si muove proprio a tempo delle strofe di "Hurricane" e scoppio a ridere. Mi diverto sempre un casino a guidare sulla neve se le strade sono deserte e mi ritrovo a stonare e sorridere come un emerito imbecille mentre ripenso al film e mi dico: "vuoi vedere che mascellone monofaccia Pearl Harbor diventerà il nuovo Clint Eastwood?"
Questa cazzata la devo scrivere su Debaser...

1979. E' un gran casino in Iran: fino dal secondo dopo guerra gli Stati Uniti avevano pilotato la politica del paese per ovvi motivi, ma ora la rivoluzione è scoppiata e lo Scià è costretto all'esilio. 

Tecnicamente parlando l'inquadratura della prima scena è suolo americano, per quanto sito nel cuore della capitale iraniana, e dovrebbero essere al sicuro dietro quella finestra blindata dalla quale i diplomatici osservano con stupore/terrore quella massa iraconda che non gradisce molto lo sventolio della bandiera a stelle e strisce. Ma a Teheran nel 1979 il diritto internazionale non era la materia che andava per la maggiore. La folla se ne sbatte dei cancelli e del filo spinato: sono in tanti, sono incazzati. Con frenesia cercano di bruciare il bruciabile prima di essere presi in ostaggio. Tutti? Ovviamente no. 6 topolini mancano all'appello ed è qui che la CIA, con l'aiuto di Hollywood, riesce con un piano assurdo a riportare a casa i diplomatici imprigionati nella città. Incredibile a dirsi, la storia è vera; sicuramente ricamata ed aggiustata, ma comunque vera.

Lo considero un gran film perché mi torna alla mente l'immagine di quella grossa vipera incazzata (probabilmente si erano appena schiuse le uova) incontrata quest'estate su un sentiero: spire in continuo movimento, impossibili da prevedere come quei cambi di direzioni di Derrick Rose in penetrazione: quelli che era solito fare prima dell'Infortunio al crociato del ginocchio. A proposito mi manchi.
In un modo simile "Argo" parte come una pellicola di guerra, secca e lapidaria, con poca tensione e realtà nuda e cruda messa sul piatto; poi attraversa l'oceano per cambiarsi vestito e diventare una spassosa commedia Hollywodiana ed infine, nel ritorno alla Persia, assume i connotati del thriller drammatico capace di farmi stringere i braccioli della poltrona fino a farmi sbiancare le nocche. Affleck è conscio dei propri limiti recitativi e si affibia un ruolo facile, solo quantitativamente importante, che sa di poter domare con le poche espressioni facciali a disposizione. Il cast è eterogeneo con pezzi di granito amalgamati a cartonati non troppo consistenti, ma le scelte degli attori sono state tarate con cura maniacale sulla complessità dei personaggi ed in questo modo è riuscito a limitare il costo dell'opera senza inficiare sulla qualità del prodotto.

"Argo" è un lavoro che alza l'asticella nella cura per i dettagli (ricostruzione storica/costumi) e per la tecnica (fotografia e montaggio); tutti elementi che rendono la pellicola piacevole anche dal punto di vista meramente visivo. Credo che Affleck non abbia voluto raccontarci solamente, romanzando, una storia vera particolarmente cinematografica ma abbia tentato di ricordare al pubblico statunitense che il sentimento anti-americano ha radici ben più profonde e complesse rispetto a quanto la propaganda ultimamente abbia voluto far credere.  

Unire storia, dramma, risate convinte e tensione in un modo così fluido è un'impresa titanica. 5 stelle sono sicuramente troppe, ma sono altresì convinto che 4 gli stiano strette. Ed allora esagero perché sono convinto che questo mascellone barbuto in un prossimo futuro possa diventare il nuovo Clint: attore mediocre, grande regista!

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