L'attesa di qualcosa di nuovo, di una svolta. La staticità che precede l'inizio di un nuovo ciclo, di una nuova fase della propria della propria esistenza, magari non all'altezza di quella che ci siamo lasciati alle spalle, o forse addirittura superiore ad essa. Come nella mia precedente recensione su "I Forget Where We Where" ho sottolineato, quell'album per me rappresentava la giusta, anche se malinconica, conclusione di qualcosa, di una fase della propria vita; "Noonday Dream" invece è la colonna sonora dell'attesa che accompagna la staticità ed il senso di vuoto che segue tale conclusione. Ma attenzione! Con staticità non voglio assolutamente evidenziare un aspetto negativo di questo disco che ritengo veramente ottimo, anche se sicuramente non all'altezza del suo predecessore. La staticità, il senso di vuoto e l'attesa, con tutta la speranza ma anche la paura che da essa derivano, sono momenti necessari o almeno inevitabili nell'esistenza umana, come questo disco pacato e riflessivo penso lo sia per la carriera di Ben Howard. L'album si apre con "Nica Libres At Dusk", canzone dalla strofa ipnotica e carica di tensione a cui segue un ritornello liberatorio, come un pensiero che, alzati dal letto, ci tormenta, a cui poi, con l'avanzare della giornata, troviamo una matura soluzione. Segue la rilassante, sognante ed eterea "Towing the Line", a mio giudizio una delle vette melodiche dell'artista, una canzone che fin dal primo ascolto, pur non conoscendo il testo, è riuscita a farmi commuovere. Ed ecco "A Boat To an Island On the Wall", la canzone che incarna l'attesa per eccellenza. Un pezzo pacato, inizialmente statico, che evolve lentamente fino ad incalzare l'ascoltatore con un sentimento di speranza, come una giornata che, avanzando, dona ad un piatto e spento risveglio, stimoli per affrontarne il resto ed aspettative che potrebbero essere soddisfatte o meno. Le canzoni successive ("What the Moon Does", "Someone In the Doorway" , "The Defeat" e "There's Your Man") ripropongono la medesima formula: staticità ed attesa che potrebbero da un momento all'altro esplodere in una qualche volta esistenziale come anche invece non farlo, abbandonandoci ancora per qualche giorno a camminare su e giù per le vie del mondo alla ricerca di qualcosa, anche se non abbiamo ancora ben inquadrato cosa. Vorrei fare menzione onorevole a "A Boat To an Island, Pt. 2 Agatha's Song" pezzo quasi ambient che sul finire libera l'ascoltatore dall'attesa crescente con una melodia ed un canto dolci e concilianti. Con "Murmurations", dopo questi timido viaggio che, fisicamente non ci ha portati molto lontani, ma che emotivamente a mio giudizio sì, torniamo al punto di partenza: alla staticità e all'attesa, marcate, come nel pezzo che apre il disco, da un senso di accettazione serena e di consapevolezza che non sempre possiamo essere noi ad imporre svolte alla nostra vita e che a volte non possiamo fare altro che attendere che esse giungano a noi, evitando, per il nostro bene, di essere troppo impazienti."
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