In uno di quei talent show per bambini prodigio che cantano alla grande e stanno sulle balle a tutti, Ben Kweller non avrebbe sfondato.
Eppure è di un ex bambino prodigio a tutti gli effetti che stiamo parlando: primo disco da cantante/chitarrista/compositore pubblicato a tredici anni, secondo a quindici. Poi che i Radish fossero un gruppo orrido non c'è dubbio, ma Benny nel novantaquattro era veramente un cucciolo e credo che gli si potesse perdonare la nirvanite acuta, anche perché un po' di talento veniva fuori, lui era già evidentemente bravissimo a suonare e cantare - mentre noialtri a quell'età imparavamo a nostre spese che il Topexan è solo per uso esterno - e soprattutto non era come una di quelle sagome pettinate e incravattate di bambini alla tv che cantano O' sole mio col vibrato perfetto e tutto, altrimenti volano gli schiaffi: Ben Kweller era un giovanissimo autentico.
Finalmente, a ventun anni, primo disco solista per il ragazzo californiano che si lava i denti in copertina. Disco della semi-maturità. Roba impensabile oggi che King Krule è merce più unica che rara e lo spostamento in avanti dell'età per qualsiasi cosa un po' ci butta giù: ma parliamo di dodici anni fa, ormai quasi tredici, e le cose erano ancora sensibilmente diverse.
Comunque Sha Sha è uno di quei dischi così permeati di umori adolescenziali che suonano sempre freschissimi, tipo Bandwagonesque e i primi due Weezer; le cordinate d'altronde sono quelle: power pop, armonizzazioni vocali onnipresenti o quasi, distorsioni college e ballate elettriche. Ben Kweller aggiunge al lotto il piano - che suona lui, tra le altre cose - e così la partenza e il matto intermezzo d'organetto elettrico di How It Should Be (Sha Sha) potrebbero far pensare a un cantautorale alternativo sghembo e schizzato tipo Beck: un pezzo di bravura per tre voci. Ma Wasted & Ready - nella quale fa addirittura capolino un corno, o comunque qualcosa di simile e molto Pet Sounds, e pure i campanelli del Natale (qualcuno mi dica come si chiamano in realtà) - è power pop da radio del college fino al midollo, un'outtake di Pinkerton, la canzone che Rivers Cuomo nel duemiladue non sarebbe riuscito a scrivere, perché si era già fottuto il talento. Tra l'altro il timbro di Kweller e il gusto nelle linee vocali ricordano (ma tanto) proprio il primo Cuomo, cioè l'unico Cuomo possibile. Per Harriet's Got A Song potremmo reclamare un posto nell'Album Blu e davvero non mi vengono in mente complimenti migliori. Uguale per Commerce, TX. Family Tree coi suoi Bop Bop e le sue deliziose armonizzazioni, ci dice che il ragazzo ha fatto sue un paio di cosette dei soliti Beatles e non può che essere buon per lui. Falling, perfetto piano pop di chiusura, ci dice che forse il business ha sottovalutato un po' Ben Kweller - potenziale macchina da soldi mangiaBillboard - e non può che essere buon per lui.
Viva la giovinezza, che si fugge tuttavia. E fanculo Gerriscotty.
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