"I ragazzi poliziotti che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale) di figli di papà avete bastonato,appartengono all'altra classe sociale. A Valle Giulia, si é così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi , mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,la vostra! in questi casi,ai poliziotti si danno i fiori, amici, "Popolo" e "Corriere della sera", "Newsweek" e "Monde"vi leccano il culo."
P.P. Pasolini, "Studenti figli di papà... io sto con i poliziotti", in Nuovi Argomenti, n.10, aprile-giugno 1968
Ormai otto anni fa avvenivano, a Genova, gli "scontri del G8", con diversi feriti fra i cittadini riuniti per manifestare, in alcuni casi pacificamente, e le stesse Forze dell'Ordine presenti in città per garantire il corretto svolgimento della manifestazione, oltre che con la morte del giovane Carlo Giuliani, sfortunatamente attinto da un colpo sparato da un giovane carabiniere nell'atto di lanciare un estintore verso una camionetta dell'Arma.
Con questa recensione non voglio ovviamente ripercorrere i "fatti di Genova", noti a tutti e comunque pianamente esposti sulla carta stampata e on line, ma analizzare un recente documentario che ricostruisce quelle vicende in maniera affatto parziale e, a mio sommesso avviso, non sempre corretta sotto un profilo prettamente storiografico: il titolo del documentario è "G8: fare un golpe e farla franca", ad opera di Enrico Deaglio, già in "Lotta continua", Beppe Cremagnani e Mario Portanova.
La tesi del documentario è, in effetti, semplice e pienamente esplicata da un titolo che non lascia dubbi nello spettatore: a Genova le Forze dell'Ordine furono inviate non in quanto tutrici della legalità, dell'ordine pubblico e della stessa libertà di manifestare pacificamente dei presenti, ma al solo scopo di praticare delle violenze sistematiche nei confronti della società civile ivi riunita che, in gran parte, si riconosceva in posizioni di centro-sinistra, limitando con la violenza e la prevaricazione il libero svolgimento delle manifestazioni di protesta nei confronti del G8.
Il fatto che le Forze dell'Ordine ed alcuni rappresentanti dei loro vertici, oltre che l'allora Ministro dell'Interno, fossero presenti a Genova durante il G8 sarebbe indicativo che i militari non agirono - né avrebbero potuto agire - in via autonoma o casuale, ma posero in essere atti di ripetuta aggressione nei confronti dei manifestanti sulla base di un disegno maggiormente organico avente una riconoscibile matrice politica.
Tutto il documentario muove da questa tesi, e le interviste, il montaggio, le testimonianze rese vengono trattate dagli autori nell'ottica di avvalorare quest'idea: idea per la quale, nel 2001, in Italia, una parte politica e le Forze dell'Ordine ordirono ai danni della collettività un disegno di carattere autoritario, le cui prove generali si svolsero, secondo gli autori, proprio durante il G8 di Genova.
La tesi, in un paese democratico ed aperto al dialogo, è rispettabile e va difesa in quanto atto di libera manifestazione del pensiero, ma non mi sembra condivisibile, ravvisandosi in essa più che altro una suggestione ed una illazione non sempre comprovata in maniera obiettiva ed inconfutabile, e probabilmente inficiata dall'orrore e dallo sdegno con cui i documentaristi valutano i fatti del G8. Orrore e sdegno che ben possono essere capiti - basti rivedere in internet alcuni dei reportages fotografici della vicenda, non ultime le drammatiche immagini della morte del povero Giuliani - ma che forse inducono a conclusioni affrettate sulla vicenda, finendo per fare di tutta un'erba un fascio.
Certamente le Forze dell'Ordine eccedettero, durante il G8 di Genova, nell'agire o nel reagire contro i manifestanti, colpendo in certuni casi anche soggetti del tutto innocenti ed innocui. Tali azioni costituiscono un reato e spetta alla Magistratura accertarne gli estremi e punire i colpevoli, come avvenuto nello stesso "caso Giuliani". Ai giudizi delle Corti bisogna dunque rinviare per una equilibrata valutazione di quanto accadde, senza sconti alcuni per i rappresentati delle Forze dell'Ordine che, travalicando il loro mandato, adottarono nei confronti dei manifestanti mezzi illeciti o non proporzionati ai fini perseguiti.
Al contempo, bisognerebbe riconoscere lo stato di estrema pressione e tensione cui furono sottoposti dei militi non sempre preparati a fronteggiare situazioni di guerriglia urbana in un Paese, come l'Italia, in cui tali situazioni si verificano periodicamente solamente negli stadi, non essendovi più, dal '77, serie manifestazioni di massa di portata assimilabile al G8 genovese e non sussistendo più delle quotidiane esperienze di azioni antisommossa agevolmente replicabili presso il Capoluogo ligure nell'ormai lontano 2001.
Occorrerebbe poi riconoscere come parte dei manifestanti non giunsero a Genova in maniera del tutto pacifica ed inerme, volendo anch'essi ingaggiare con le Forze dell'Ordine delle schermaglie e dei piccoli focolai di protesta e rivolta: la reazione, forse viziata da impreparazione o timori delle stesse Forze dell'Ordine, potrebbe essere dunque stata sproporzionata ma soggettivamente giustificata da uno stato di timore putativo e presunto.
Ma anche a prescindere da queste osservazioni, mi sembra che la tesi dei documentaristi voglia provare, in questo caso, "troppo": e cioè che gli episodi di violenza furono il sintomo di un disegno eversivo più profondo, il cui braccio armato fu rappresentato dalle Forze dell'Ordine su implicito mandato di una parte politica.
S'affacciano dunque nei confronti dei militi i sospetti ciclicamente diffusi nei confronti dell'Arma e degli altri corpi (non ultima la Guardia Forestale) a partire dai primi anni '60, adducendo nei confronti dei vertici militari, e dei politici di riferimento, ombre golpistiche o autoritarie che non risparmiarono, nei tumultuosi anni '70, neppure eroi riconosciuti come il gen. Dalla Chiesa o, in chiave minore, il commissario Calabresi.
Si prova troppo, a mio avviso, perché, anche ammettendo che "disegno" vi sia stato, non sembra che ad esso sia seguita alcuna svolta autoritaria nel nostro Paese nel successivo quinquennio 2001-2006, e come il ruolo delle stesse Forze Armate sia stato, nel corso degli ultimi anni, del tutto fisiologico nella vita della Repubblica, senza significative discontinuità rispetto al passato.
Nessuna trama golpistica mi sembra si sia sviluppata in Italia, ove si consideri anche l'andamento delle libere elezioni del 2001, 2006, 2008 non sia stato contraddistinto da anomalie democratiche ma caratterizzato piuttosto da una piena alternanza fra forze di centro-destra e di centro-sinistra, le quali hanno peraltro confermato senza soluzioni di continuità la rispettiva fiducia nei confronti delle Forze Armate e dei loro rappresentanti di vertice.
Gli episodi del G8 andrebbero dunque relegati alla cronaca penale, sollevando ovviamente dei dubbi circa l'opportunità di un più efficace addestramento delle Forze Armate nell'affrontare le manifestazioni di piazza ed un migliore coordinamento di mezzi e persone impiegati in simili luoghi, ricorrendo a mezzi meno lesivi di manganelli o strumenti antisommossa, o addirittura armi da fuoco, risultando bastevoli gli usuali strumenti utilizzati all'esterno degli stadi (cani, lacrimogeni, idranti).
Le vicende dovrebbero aprire dibattiti più seri anche a sinistra: verificando l'opportunità di confondere le manifestazioni di pensiero della frangia moderata del corpo elettorale, spesso rappresentanti della società civile senza alcun atteggiamento violento o sedizioso, con i corpi più estremi del c.d. "movimento no global", caratterizzati da comportamenti maggiormente facinorosi e potenzialmente lesivi dell'ordine pubblico, nei confronti dei quali le reazioni delle Forze dell'Ordine appaiono più probabili e, talora, necessitate.
Frange estreme che andrebbero isolate dalla stessa sinistra, o, alternativamente, inserite nel circuito democratico attraverso azioni inclusive che portino il movimento "no global" a confrontarsi con il resto della società sul piano della politica-amministrativa e non solo sul piano del mero scontro ideologico, poco producente e settario, oltre che spesso disinformato e aprioristico, se non addirittura autoreferenziale.
Questo dovrebbe essere probabilmente l'obiettivo delle intelligenze di centro-sinistra, in analogia a quanto avvenne nei primi anni '80 ad opera del PCI di Berlinguer e del PSI di Craxi, che riportarono le frange estreme della sinistra nell'agone democratico, come nel paradigmatico caso della stessa "Lotta Continua" di Sofri e del medesimo Deaglio, confluiti ad inizio anni ‘80 nel PSI dello statista milanese dopo gli anni '70 spesi su posizioni decisamente più estreme e foriere di note complicazioni giudiziali.
Credo in conclusione che il punto focale del G8 di Genova non vada identificato da un tentativo di golpe da parte delle Forze Armate o di una parte politica, ma nella tragica consapevolezza che in quelle manifestazioni si avvertì una frattura fra più parti dello stesso Paese, un conflitto fra cittadini simile a quello di metà anni '70 che nessuno di noi vorrebbe più rivedere, essendo di gran lunga preferibile assistere a manifestazioni pacifiche o a forme di dissenso razionali e ricche di contenuti piuttosto che di puri slogan o assalti alle Forze dell'Ordine, e ad azioni poliziesche concentrate sulla repressione di diverse forme di criminalità e reato piuttosto che sulla manifestazione del pensiero della società civile.
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