Dirò subito che questo è uno dei libri più belli che ho letto quest'anno.
Venne pubblicato sei anni dopo la prematura scomparsa di Fenoglio, avvenuta per cancro ai bronchi nel 1963,  ma appartiene alla prima produzione dell'autore albese.

Giudicato negativamente nel 1950 da Elio Vittorini (che curava la collana "I Gettoni"  per L'Einaudi), ma apprezzato da Calvino, fu scartato preferendo "I Ventitrè Giorni Della Città Di Alba". 
Ciò che non piacque a Vittorini furono alcune scene forti tra Ettore, il protagonista, e la sua ragazza Vanda oltre che l'impianto neorealistico.
Probabilmente  Vittorini desiderava, come tentò di fare con la sua lungimirante antologia "Americana", svecchiare la letteratura italiana e per questo non ne voleva saperne troppo di testi dai sapori veristi.
Forse, questa è la mia interpretazione.
Fatto sta che al dilà delle sue  motivazioni  sono proprio quelle due carattesristiche che lo avevano colpito negativamente a sorreggere al disopra della media "La Paga Del Sabato".
Ettore è un personaggio sì giovane ma anche iracondo e arrogante, che si muove in un ambiente riprodotto alla perfezione in tutta la sua  atmosfera selvatica.
Le langhe di Fenoglio sono come il mare di Conrad, un luogo in cui personaggi irrisolti si nascondono e arrancano mossi da una volontà, loro interiore, che ha del misterioso.
Un'ambiente intagliato nelle passioni di questi personaggi, che non è mai esistito e che rivive solo nelle parole di Fenoglio. Un'ambiente risucchiato dai festival letterari, dalle cantine amorfe preogettate da Archistar e dall'enologia onnipresente e orrendamente à la page.

La differenza tra "La Paga Del Sabato" e qualsiasi testo neorealista è piuttosto evidente: l'ambiente è solo uno sfondo e non condiziona la mentalità di Ettore. Nemmeno, come viene spesso sottolineato, lo condiziona troppo il fatto di essere un'ex partigiano.
Già in questo testo Fenoglio si dimostra anomalo distanziandosi immediatamente dalla narrativa post-bellica e partigiana di stampo nostalgico. Non c'è nostalgia in questo libro, solo un senso di amarezza depositata sul fondo delle persone.
Tutti questi dati, la langa piemontese e il disiadattamento dei reduci, sono solo accessori. Fenoglio  non intende denunciare nulla.
Nè una certa (vista con gli occhi di oggi) grettezza sociale, nè l'invalidità interiore di chi ha fatto la guerra. Nulla.

La scrittura di Fenoglio è stata definita "Romanica", uao, "Romanica". Come le chiese dalle linee austere e semplici, ornate con bassorilievi.
Ruvido e virile, ma in modo molto diverso dai personaggi i Hemingway, Ettore passa le giornate litigando con la madre poichè non ha un lavoro.
Fino a che un giorno deciso a voler cambiare la sua posizione, ma non a conformarsi con le altre persone, non inizia a lavorare per Bianco che è un contrabbandiere.

Fenoglio subisce lo stesso destino, per certi aspetti, dello scrittore sovietico Isaak Babel': troppo sincero e dotato di un lirismo distante dalla critica polticizzata otterrà una fama entusiastica troppo tardiva.


Le langhe. Sì. Cosa vedi quando pensi alle langhe?. Pensaci bene. Le colline, il verde, il patchwork gigante di campi e  vigne?

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