Il libro

Giuseppe (Beppino) Englaro, padre della giovane Eluana Englaro, ragazza bergamasca in coma irreversibile dal 1992 alla morte, racconta, con l'aiuto di Adriana Pannitteri, le vicissitudini della sua lotta per affermare il principio per cui ogni individuo non debba essere mantenuto "vitale" contro la propria volontà, godendo del diritto di disporre della propria vita qualora essa non sia più degna d'essere vissuta.

La scomparsa di Eluana non ha interrotto una battaglia che l'autore vuole proseguire nel ricordo della figlia ma a potenziale vantaggio di chiunque.

Antigone rivisitata?

Il commento di De Lorenzo

Non me ne vogliano gli utenti poco avvezzi alle lettere classiche se, per analizzare questo libro, muovo dal ricordo di una tragedia classica come l'Antigone di Sofocle (ma ne ricordo anche una rivisitazione di Brecht, per la par condicio): riesponendo sommariamente quell'antica vicenda, ricordo come nel dramma sofocleo la giovane Antigone si battesse per il diritto di dar giusta sepoltura al cadavere del fratello, Polinice, nemico della città altrimenti destinato, secondo le Leggi del tempo, a divenir pasto per cani; ad essa si opponeva il tiranno Creonte, capo della città di Tebe, che rivendicava a sé il diritto di far applicazione delle inveterate Leggi dei padri, che tale trattamento imponevano ai nemici della popolazione locale a mo' di sanzione ultima per aver essi stessi tradito le regole fondanti dell'organizzazione sociale.

Il conflitto fra la morale interiore di ciascuno - rappresentata da Antigone - ed il diritto obiettivo della civiltà organizzata - rappresentato da Creonte - emergeva in tutto il suo dramma (individuale, collettivo, sociale e statuale), risultando di non facile scioglimento, e, dunque, vero e proprio dilemma tragico, nel senso proprio che si è soliti attribuire al termine, per cui ogni scelta finale risultava, al contempo, giusta e sbagliata, anche in considerazione del carattere disomogeneo dei valori in gioco, e delle opposte finalità cui essi tendevano.

Dare sepoltura a Polinice costituiva atto doveroso per la sorella, donna pietosa e sgomenta a fronte del cadavere sfregiato dalle bestie; negarla, costituiva atto necessario per un regnante che doveva andare oltre il caso singolo, e legiferare per tutti e per un tempo indeterminato, distaccandosi dalla suggestione del presente o della concreta vicenda.

La tragicità dell'Antigone si è riproposta, come penso tutti i lettori sappiano, anche nell'Italia del 2008-2009, nelle vesti del "caso Englaro", vicenda particolarmente dolorosa in cui si è discusso dell'interruzione delle cure mediche assicurate ad una donna che versava in coma irreversibile dal lontano 1992,e che, secondo il padre e gli stretti familiari, aveva espressamente richiesto di non essere mantenuta "vitale" qualora si trovasse in simili condizioni.

A rappresentare la volontà della giovane donna è stato il padre, Beppino Englaro, che, nell'interrompere le cure mediche, non voleva seguire la prassi diffusa in diverse strutture ospedaliere, pubbliche e private, per cui, in casi del genere, si procede ad una tacita e graduale eutanasia del paziente, ma voleva essere autorizzato direttamente dalla Legge, e dunque da uno Stato, che, in materia, si è sempre nascosto dietro il velo, talvolta ipocrita, di tacito buon senso, senza fornire un quadro normativo chiaro di intervento e lasciando che ognuno agisse secondo la propria convenienza e le proprie convinzioni intime.

La lotta di Englaro, già militante del Partito Socialista ai tempi di Bettino Craxi, trascendeva quindi la dimensione prettamente individuale per divenire lotta di principio ed azione politica, tale da imporre un mutamento degli stessi orientamenti della Legge e del ruolo punitivo dello Stato, trovando tuttavia opposizione in tutte le parti politiche - sia della sinistra che del centrodestra - attente, in materia, a garantire la massima tutela della vita e della vitalità dell'individuo, rovesciando addirittura i termini del tradizionale conflitto sofocleo fra individuo e Stato.

Nel richiedere allo Stato una presa di coscienza circa la situazione della figlia e di altri soggetti ricoverati nelle medesime condizioni, Englaro si allontanava dal paradigma di Antigone, chiedendo che la propria "legge del cuore" divenisse essa stessa Legge dello Stato e modello generale d'azione, consentendo a tutti gli individui di poter rinunciare, anche a mezzo di dichiarazioni preventive, a cure invasive del proprio corpo, comunque inidonee a consentire una sopravvivenza piena e dignitosa.

Abbiamo dunque un'Antigone moderna che, di fatto, chiede che la "legge del cuore" divenga essa stessa legge, per quanto eccezionale, dello Stato, condivisa da un Creonte attento al pluralismo e ai molti punti di vista possibili, quando si parla di valori fondamentali come la vita, la vitalità ed il fine-vita.

Ad Englaro si opponeva ed oppone, in termini molto sfaccettati ed a propria volta "plurali", lo Stato, rappresentato dalla maggioranza parlamentare e dal Governo, obiettando, con logica stringente e per certi versi implacabile, come fossero in gioco diritti fondamentali ed indisponibili da parte della collettività, che, nel legiferare, potrebbe al massimo intervenire con decisioni a favore della vita e della sua conservazione, piuttosto che con decisioni tese ad avallare pratiche suicide od omicidiarie, ammesse in via del tutto eccezionale solo per quanto riguarda l'aborto, ed a fronte dell'esigenza di tutelare, primariamente, lo stato di salute, anche psichica, della gestante che non ritenga di portare a termine la gravidanza.

Abbiamo dunque un Creonte moderno, che, rispetto al modello classico, rappresenta le ragioni della vita e del cuore astenendosi dall'intervenire in una materia particolarmente delicata, in cui possono scorgersi, sottotraccia, rischi più profondi, connessi all'evoluzione della scienza e della tecnica: si pensi a pratiche eugenetiche, o a letture estensive di un possibile diritto alla buona morte esercitatile da portatori di handicap oggettivamente lievi, ma percepiti soggettivamente come devastanti; oppure ancora all'esercizio di un diritto alla buona morte esercitato da soggetti anziani, che non abbiano familiari pronti a curarsi di loro o che, per assenza di idonee strutture sociali, si sentano abbandonati dalla collettività e dalle Istituzioni.

E' chiaro che ci troviamo di fronte a tematiche di particolare delicatezza rispetto alle quali ogni tentativo di comporre ad unità il conflitto determina ulteriori problemi e complessità, essendo facile, in questi casi più ancora che in tutti gli altri temi che vado esaminando nei miei saggi, credere di essere dalla parte della ragione, a sostegno delle magnifiche sorti progressive dell'umanità, e trovarsi poi dalla parte del torto più superficiale e banale, e, per questo, ancora più malvagio.

Confesso, io stesso, di non saper rispondere: facendo volontariato presso i canili, vedo come praticare l'eutanasia nei confronti di amici animali giunti ad un eccesso di sofferenze costituisca un autentico gesto di misericordia e l'ultimo regalo che si possa fare nei confronti di queste Creature, e mi chiedo perché sia così difficile ammettere con noi stessi che una simile misericordia la meritino, a maggior ragione, anche gli uomini; frequentando per analoghe ragioni ospizi ed ospedali, e vedendo la solitudine dei malati, più o meno gravi, mi chiedo se una dolce morte possa essere davvero la soluzione dei loro problemi, o se non si debba essere meno egoisti e cercare di aiutare, anche nella sofferenza, queste persone.

Ci sono poi i casi limite, come appunto quello di Eluana: ed essendo un caso limite, mi chiedo se non avesse ragione Sofocle, e con esso i classici, a suggerire che vicende così devastanti ed uniche non possono essere generalizzate, e che non esistono né leggi morali, né tantomeno Leggi dello Stato, che possano permetterci di uscire da queste trappole logiche, concettuali e valoriali.

Come saggiamente osservava il cardinale Ruini, decidere sul caso Eluana è scelta "tragicamente sbagliata", laddove l'attento porporato non poteva ignorare il concetto cardine di Tragedia.

Spero che la delicatezza del caso spinga ad un confronto serio sulla questione, tralasciando le polemiche dell'attualità politica, piuttosto che ai banalizzanti interventi con cui i miei scritti sono stati dileggiati e sfregiati dall'utenza media del sito.

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