Mio figlio mi guarda “basito” quando io gli parlo di cose che do per scontate, ormai assimilate, che ormai sono parte del mio DNA... Se io gli accenno a Stanley Kubrick, Franz Kafka, David Bowie, Zanardi, Apocalypse Now, The Blues Brother… Lui mi guarda con aria di non capire bene di cosa sto parlando.
Come potrà quindi capire la grandezza e l’originalità espressiva di un fumetto western come Ken Parker, nato con la Bonelli e spirato di morte naturale in meno di un decennio?
Come potrà gustarsi (ammesso e non concesso che riesca a leggere i fumetti, ormai per lui considerati “obsoleti” o, come una volta mi disse, “roba per vecchi”!) le decine di riferimenti culturali che gli autori Berardi (testi) e Milazzo (disegni), riuscivano a infilarci tra una pagina e l’altra?Ricordo ancora le caricature di Stanlio e Ollio cercatori di pepite d’oro, un Franz Kafka (ancora) simil-esploratore e ancora John Wayne, Albert Einstein, Primo Carnera, Buffalo Bill, il Presidente Carter per non parlare dei continui riferimenti icoonografici più volte ripresi, di quadri, scritti o scene ormai parte della nostra cultura iconografica.
Ken Parker giunse come un fulmine a ciel sereno nel marzo del 1979 e fin da subito capii che, anche in questo caso, questo fumetto avrebbe spazzato via in un colpo solo la retorica buonista di Tex, la facile avventura idealista di Zagor e anche la vivace epopea anni 50 di Mister No – che dei tre citati era senza dubbio il più interessante.
Leggere questo fumetto era come leggere la sceneggiature (con relativo storyboard) di un vero e proprio film, altro che “fumetto”: ricco di trovate (leggersi: Come in uno specchio, album della serie bonelliana), con scene incastrate in maniera non convenzionale e dialoghi spassosi ma anche maledettamente impegnati (vedi “Sciopero”) da brividi.
Ken Parker era di un’umanità imbarazzante: mai prima d’ora un personaggio si era dimostrato così debolmente umano (aveva perso la moglie, era spesso depresso e solitario, odiava l’uso delle armi) ma altrettanto forte nel denunciare le ingiustizie, gettarsi per primo per salvare una vita o rivendicare diritti per i lavoratori trattati come schiavi (siamo sempre alla fine dell’800).
Attraverso Ken Parker noi ragazzi, cominciavamo a comprendere meglio e con occhi nuovi, certi fatti (la tratta degli schiavi tra Africa e America, le lotte di classe del movimento operaio d’oltremanica, la strage delle popolazioni indigene d’America ecc) lontano dai libri di scuola, freddi e asettici nel descriverci i fatti citati in sole poche righe.
Ken Parker era un uomo della strada che diventava una sorta di fratello maggiore, dotato di una forza d’animo e di un umanità davvero invidiabili.
Era il fratello maggiore che avrei sempre sognato di avere.
Silenzioso, umorale, spesso con un tono dimesso, low-profile, molto disponibile all’ascolto, spesso antisociale e ombroso, ma proprio per questo “vivo” e vicino. Ancora adesso (che sono passati 30 e passa anni) se devo ripensare a Ken Parker lo penso subito a una persona “reale”, viva… con le sue contraddizioni ma anche con la grande carica di umanità e sentimento, tipica delle “belle persone” che raramente ci capita di incontrare.
E dio sa quanto mi piacerebbe incontrare e conoscere “oggi” qualcuno di così in gamba!
Tornando al fumetto, il tutto non può trascendere dal taglio pittorico, morbido e innovativo di Ivo Milazzo: bastavano tre segni per caratterizzare uno sguardo… due colpi di pennello acquarellato per trasmetterci la sensualità di uno sguardo femminile davvero conturbante. Un disegnatore davvero sublime per classe e riconoscibilità!
Ma la genialità soprattutto (e voglio sottolinearlo ancora) era concentrata nei testi e nelle sceneggiature. Moderne, brillanti, ricche di idee e colpi di scena: in un solo Ken Parker c’era il seme embrionale e la forza per confezionare almeno 10 album di Tex.
Ed è proprio per la difficoltà di reggere il passo (la Qualità, è risaputo, da sempre si paga …e a caro prezzo) che nella primavera del 1984 Berardi annuncierà l’addio alla Bonelli e la relativa chiusura del personaggio, impossibilitato a reggere la scadenza delle 100 pagine che l’editore Bonelli imponeva. Un ritmo davvero massacrante che faceva a pugni con gli standard qualitativi degli album fino allora sfornati.
Un addio che verrà poi diluito con uscite sporadiche con altri editori e iniziative editoriali benefiche o occasionali di scarsa importanza.
Sarà ma ancora adesso, se devo ripensare di rileggermi qualche fumetto di “eccellente qualità”, in termini di intelligenza e perfetto equilibrio tra testo e immagini, la mia mente pensa solo a Ken Parker (e a pochi altri…).
Mi spiace solo che mio figlio queste cose se le perderà… a favore di qualche altra diavoleria PSP o internettiana, più dinamica e interattiva ma sicuramente meno stimolante di certe cose che ho amato io.
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