Nel 1977 il baffuto e riccioluto (al tempo, ora è pelato...) Bernie, dopo essere andato via dagli Eagles sbattendo la porta precludendosi in tal modo la fase di carriera del gruppo più ricca, decadente e antipatica ("Hotel California" compreso, oh yes), rinserrò le fila associandosi ad un partner sconosciuto, sinceramente di modesto valore, tal Michael Georgiades.

Il fatto è che Michael era il suo migliore amico (ancor oggi lo è), quello che abitava a due passi da casa sua quand'era ragazzo nel Minnesota, quello con cui strimpellava insieme la chitarra, cantando in armonia nella cameretta, influenzandolo e facendosi influenzare musicalmente. Una scelta quindi con la sua logica, per uno che aveva litigato pesantemente cogli ex-amici delle Aquile diventati in pochi anni boriosi, prepotenti e soprattutto prevaricatori nei confronti delle sue idee e composizioni, generandogli quindi un bisogno di nuova complicità e affiatamento.

La buona fama del chitarrista, acquisita attraverso la partecipazione ai primi quattro album con gli Eagles, consentì di cavalcare questa chance discografica, ben presto rivelatasi un una tantum, date le relative, modeste vendite e la pronta chiusura del rubinetto dei dollari da parte della casa discografica, con conseguente fine del sodalizio.

Leadon è mio musicista prediletto degli Eagles, non certo per affascinazione con la sua storia di perdente (in lizza ci sarebbero allora anche il bassista Randy Meisner, andatosene dopo "Hotel California", e il chitarrista Don Felder che ha chiuso con il gruppo in tempi più recenti) ma proprio perché è un musicista in gambissima, a mio vedere responsabile primario dell'assoluto fascino, purezza e magia che trasudano dai primi dischi delle Aquile, così freschi e nobili rispetto ai rimasticati e depressivi ultimi lavori degli anni settanta.

Leadon è decisamente brillante ed importante nei loro primi tre album (l'esordio omonimo, "Desperado" e "On The Border"), tanto quanto è fuori fuoco nel quarto "One Of These Nights" (stava già litigando...). Il relativo lascito al gruppo che gli ha dato tanto stress, ma in fondo anche precoce agiatezza e giovanile successo, è enumerabile in quattro brani interamente a sua firma, più altri otto in cui è co-autore e, compreso tutto, sette brani in cui è voce solista. Quei simpaticoni dei suoi ex compagni, ancora in giro a far concerti e a celebrarsi, hanno la faccia tosta di riproporne solo uno ("Witchy Woman", dal primo album, una collaborazione tutt'altro che memorabile col batterista Don Henley).

Leadon è chitarrista in purissimo stile country rock, agile e pulito, meglio all'acustica che all'elettrica, nonché mandolinista, suonatore di Steel Guitar e virtuoso banjoista. Più ancora che la sua voce, calda e più che discreta ma inevitabilmente solo al quarto posto nella gerarchia Eagles perchè sopravanzata dai maggiori talenti di Don Henley, Randy Meissner e Glenn Frey, era proprio il suo lavoro asciutto e preciso con gli strumenti a corda a infondere alle canzoni della band quella componente genuina, sobria, ficcante, certo schierata risolutamente dalla parte del country rock e incapace di appesantirsi ed irrigidirsi verso il rock più risoluto, così come d'altro canto di arruffianarsi verso le ballate più poppettare e dolciastre. Furono queste le ragioni del suo accantonamento, la prima più che la seconda: i due "capoccia" Frey ed Henley volevano più grinta, più "tiro", più imprevedibilità e ci pensò il sostituto di Leadon, l'eclettico rocchettaro Joe Walsh a fornirgliela.

Di tutto questo, cioè del grande valore di Bernie, non c'è molto in "Natural Progressions": undici canzoni, quasi tutte ballate, sei del carneade Georgiades e cinque sue, naturalmente le più interessanti. Un unico (mezzo) capolavoro: la conclusiva, strascicata e lirica "Glass Off", con un elegantissimo lavoro sull'acustica e l'aggrappante, ripetuto coro del ritornello.

Per il resto chitarre ben pettinate, voci piacevoli, cori sobri in duo, il contributo di professionali musicisti di studio a basso, a batteria e tastiere, una generale sensazione di buon prodotto, ma solo per gli amanti del genere... soprattutto chi, come me, resterà legato per la vita alle gesta di questo musicista nel periodo che va dal 1971 al 1974 ed ancora si bea all'ascolto di perle inestimabili come "Bitter Creek" (da "Desperado") o "My Man" (da "On the Border", col "Man" che si riferisce all'amico scomparso Gram Parsons).

Bernie vive oggi a Nashville, la città natale della musica che preferisce, dove si è trasferito tanti anni fa unendosi alla Nitty Gritty Dirt Band. Dopo quest' album, ad onta del gran lavoro svolto in studio e dal vivo per tanta gente e tanti dischi, ha inteso di far uscire solo un'altra opera solista: "Mirror", datata 2004.

L'uomo è (stato) un grande, basta andare a prendere l'assolo di dobro in "Twenty One" (da "Desperado") o quello che eseguiva dal vivo con il banjo e che prolungava a oltre dieci minuti  Earlybird" (dal primo album), recuperabile in qualche vecchio bootleg o dvd, per rimanere a bocca aperta, specialmente se si è musicisti.

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