Certo che nel 2001 Jorn Lande stava proprio "in forma"! Da molti considerato il più degno erede di Ronnie J. Dio (R.i.p.) e più in generale dei grandi front-man dell'hard rock, il talentuoso singer metteva proprio in quell'anno la sua potentissima ugola al servizio di dischi tutti bellissimi, diversi tra loro per genere trattato ma senz'altro tra i più riusciti della sua carriera, solista e non.

Uscivano infatti in quell'anno il progetto Nostradamus del chitarrista bulgaro N. Kotzev, il secondo album dei prog metallers Ark (Burn the Sun, esempio luminoso di come fare prog metal in modo originale, contaminandolo con hard rock, ritmi tribali e sonorità più solari, distanziandosi  così dai soliti Dream Theater), il suo secondo album solista (Worldchanger, per me il suo migliore, mai più superato dai successivi, spesso veri e propri flop, un album di hard rock melodico con pezzi con un gran bel tiro, a volte ai limiti dell'aor) e sempre in quell'anno nascevano dalle ceneri degli Helloween i Masterplan, coi quali il Nostro inciderà 2 ottimi album di power meno monolitico e più godibile rispetto agli standard del genere.

Negli anni successivi, poi, prenderà parte anche a 2 bei capitoli delle saghe Ayreon (i miei preferiti) e Avantasia, più altre comparsate, dividendosi insomma la scena col grande Glenn Hughes (sempre sia lodato!) in campo hard rock come singer più richiesto, veri e propri prezzemolini di quegli anni.

Non bastasse tutto ciò, nel 2001 Jorn Lande trova il tempo anche per prender parte a questo esordio dei Beyond Twilight messi in piedi dal tastierista Finn Zierler, che con questo progetto si propone di andare "oltre" i suoi Twilight (di qui il nome del gruppo), passando dal power ad una sorta di heavy prog moderno, quasi doom, pesante e nero come la pece!

La prestazione vocale del biondo cantante è, neanche a dirlo, spettacolare. Jorn, coautore assieme a Zierler di tutti i testi, sfodera in questo disco un timbro che mai finora si era sentito così graffiante e drammatico, pieno di pathos. Interpreta, letteralmente, tutte le sfumature di cui la sua voce è capace, trattando il concept di un viaggio che il protagonista fa nel proprio cervello (!) attraverso un computer col quale riesce a collegarsi, dovendo quindi dare corpo a tutti i sentimenti e alla follia che l'uomo incontra in questo viaggio, ai meandri più reconditi della memoria. 

Come un diabolico Caronte, Jorn ci conduce, attraverso 45 minuti di musica infernale a base di mid tempos cadenzati e solenni, negli abissi della mente umana.

Nel tralasciare la descrizione di tutte le tracce, non posso però non soffermarmi sulla bellezza di due gemme: la prima è "Shadowland", vero e proprio capolavoro dell'album, che, dopo un attacco strumentale epico e marziale, vede irrompere maligna e horrorifica (sembra quasi che qui vomiti sul microfono!) la voce di Jorn, che tra grida raggelanti trasmette efficacemente il dolore e la pazzia alienante, prima che, inaspettato, arrivi un refrain arioso e distensivo a squarciare le nubi nere. Una melodia di una bellezza clamorosa, che vi ritroverete stampata indelebilmente in testa come un appiglio cui aggrapparvi in questa terra desolata, una struggente carezza di Jorn prima che torni luciferino quanto e più di prima, per poi donarci ancora quel ritornello, commovente, ancora più intenso della prima volta. Al termine del brano, si capisce perfettamente l'ammirazione di cui il Nostro è circondato nell'ambiente. 

L'altra gemma, per chi come me ama il progressive, è la più articolata ed evocativa "Crying", che nei suoi 7 minuti abbondanti regala sfacettature diverse, tra svolazzi di tastiera, vocalizzi più ariosi, ricami di chitarra, porzioni strumentali fantasiose e suggestive che mettono in mostra il gusto e le doti compositive di Zierler, oltre alle immancabili grida drammatiche di Lande. Da rimarcare, qui, una gran prova anche del chitarrista (ma tutti i 5 componenti offrono in tutto l'album una prova coesa di gran classe, senza tecnicismi, ma di puro feeling).

L'ascolto di quest'opera è una vera e propria esperienza. Non è un album da canticchiare sotto la doccia, lo avrete capito (anche se, come detto, quel ritornello di Shadowland...), regala emozioni solo dopo qualche ascolto, perchè subito è quasi scostante. Graffia e turba, quasi, ma poi ammalia e seduce. Assale (sentite in tal senso le prime due tracce, Hellfire e Godless and Wicked) ma poi accarezza, e allora oltrepassata la coltre oscura e quasi doom saprete cogliervi una intensità unica, il tutto tra cori in latino e voci ancestrali (come nella conclusiva Perfect Dark o nella title-track, lente e solfuree).

Dio mio. Raramente ho ascoltato un disco così allucinante, così profondo (perchè in profondità sono le corde che tocca), ma così originale e pieno di personalità, espressa sia da chi compone che da chi interpreta.

 

Mi fermo quì, non credo di dover aggiungere altro, se non invitarvi a questa terribile e affascinante esperienza.

E' notte inoltrata,  in questa "zona d'ombra", in questa terra oscura. Vado a dormire, con ancora un brivido lungo la schiena, sperando di riuscirci.........

 

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