Uno dei gruppi europei più interessanti dei primi anni Ottanta, fra i pochi in grado di unire e fondere al rock elementi tratti dalla tradizione musicale scozzese e dal folk celtico.

I Big Country nascono nel 1981 per volere del talentuoso Stuart Adamson e dell'amico Bruce Watson ai quali si uniscono il solido bassista Tony Butler e il batterista Mark Brzezicki. Adamson ha alle spalle piccole esperienze in ambito musicale avendo militato per un periodo negli Skids, un gruppo di stampo punk-pop il cui maggior successo era stato il disco "The Absolute Game". Dopo un singolo d'esordio non particolarmente fortunato ("Harvest Home"), i Big Country irrompono nel 1983 nelle classifiche britanniche con i due brani successivi: la famosissima "In A Big Country" e "Fields Of Fire" subito seguiti dall' album d'esordio "The Crossing". Prodotto dall' abile Steve Lillywhite, "The Crossing" è un'opera compatta, interessante, curata ed estremamente ben suonata. La critica per descriverlo conia il termine "bagpipe rock". Gli intrecci di chitarra creati da Adamson e Watson richiamano infatti quelli delle cornamuse scozzesi; questa matrice folk, unita a un potente rock, assicurano al disco un buon successo di pubblico. "The Storm", "Porrohman" e "Lost Patrol", tre brani molto evocativi e ricchi di suggestioni celtiche, sono i momenti che più si ricordano di un disco riuscito e ancora oggi piacevolissimo che si affianca per valore ad altre opere pubblicate in quel periodo come "War" degli U2, "Declaration" degli Alarm e "New Gold Dream" dei Simple Minds. Particolare è anche l'uso da parte di Stuart Adamson sulla chitarra dell' E-bow, un effetto che renderà ancor più suggestivo e riconoscibile il suono della band. La carriera dei Big Country proseguirà con successo per tutta la durata degli anni Ottanta grazie all'ottimo "Steeltown", disco ispirato ed impegnato, al discreto ma vendutissimo "The Seer" e allo sbiadito "Peace In Our Time". Purtroppo a causa della scarsa originalità, il quartetto continuerà a replicare stancamente la consolidata formula musicale nel corso del decennio successivo producendo dischi poco riusciti e per nulla ispirati come il deludente "No Place Like Home", l'altalenante "The Buffalo Skinners" e lo scontato "Why The Long Face".

Da questo punto in poi i Big Country iniziano una discesa inarrestabile nei circuiti minori. Nonostante una continua e frenetica attività live, testimoniata da vari dischi, segni di una timida ripresa artistica si avranno solo nel 1999 con l'album "Driving To Damascus", ispirato ad un certo rock americano. Purtroppo sarà anche l'ultimo lavoro in studio dei Big Country che, a causa del tragico suicidio di Stuart Adamson avvenuto nel dicembre del 2001, termineranno qui e in tono minore la loro avventura.

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