Bigas Luna: La chiamavano Bilbao -1978-
Alla sua seconda prova, l'allora trentenne pittore e regista catalano Bigas Luna, reagì al flop del primo film con questo gioiellino oscuro, allucinato e triste, gli attori giusti e una sua malata bellezza. Il protagonista è un certo Leo, uomo ed eterno ragazzo, cupo vitellone di periferia urbana, che deborda psichicamente nelle sue fantasie erotiche per una spogliarellista prostituta, Bilbao. I paesaggi di Barcellona che il film descrive, la fotografia scarna, ossessiva, sembrano quelli molte capitali europee: Leo è una sorta di vampiro metropolitano, un uomo della folla come quello del racconto di Poe, che gira per la città senza una meta, portandosi dietro oscuri fantasmi di vita privata-la zia presso cui vive con cui ha un complesso rapporto di servaggio sessuale, di complessi edipici irrisolti in cui amore - odio e opportunismo confluiscono - sono successe delle cose - dice Leo per farla breve con una monotona voce off, che rende ancora più vivido l'alienato diario personale in un crescendo da Psicopatologia Sexualis.
Leo è un pò un mix anni 70 cupo e malato sia del Thomas di Blow up che del Leopoldo dei Vitelloni nella sua stanzetta da scapolo, che passa le notti pensando ai personaggi delle commedie: come spettatore, egli si masturba con un filmino hard in super 8, e sempre con la sequenza del phon sulla vulva dell'attrice; come regista in fieri, fotografa pezzi di realtà cercando così di fermare il fluire assordante delle megalopoli: trova un benessere da solarium nelle luci al neon della metropolitana, si sente vivo tra la folla. Con la sua macchinetta fotografica diventa il regista della sua vita monotona e del suo psico-film; ossessionato dai particolari, e dai denti puliti, in una sorta di rito magico che solo il terzo occhio della macchina può svelargli, vede amplificate nelle sue foto le fantasie erotiche che prendono corpo, un particolare dopo l'altro, anzi gli svelano la realtà possibile del suo folle piano: avere la bruna e sensuale Bilbao tutta per sè, volteggiante nell'etere, coi capelli sciolti e i peli pubici depilati da lui personalmente.
Il fiat lux sarà lo spogliarello IFEELOVE di Bilbao e il blowjob che poi lei gli fà come cliente; giungerà a fotografare un pesce con un wuster in bocca per rigustare quell'amplesso. Arriverà pure a trovare la giusta soundtrack, trovando in uno sterminato negozio di dischi una canzonetta intitolata Bilbao, che diventerà la sua nuova colonna sonora giornaliera al posto della solita nenia orientale che loopava tutta la notte nel vecchio giradischi. Dalla sindrome depressiva, al feticismo, alla monomania, alla morbosità sessuale, il nostro eroe si mette bel bello sulla strada della schizofrenia e ormai sicuro di sé, spia Bilbao fin nella vita intima col pappa, infine la narcotizza e la rapisce, utilizzandola come proprio giocattolo sessuale. Durante queste orgasmiche fasi di teatrino personale, la ragazza batte il capo e muore; il giocattolo si è rotto. Leo è sconvolto come un bambino, ma la nerboruta zia lo aiuta a nascondere il cadavere così potrà tornerà alla sua vita di sempre, e a cercare un'altra Bilbao. Virulento, necrofilo e repulsivo, questo film attraverso l'eros esamina stati interiori comuni nell'uomo di oggi, con tutte le possibili deviazioni psicotiche da solitudine creativa.
Quelle stesse deviazioni oppiate di cui parlava Poe 2 secoli fà: Dicebant mihi sodales, si sepulchrum amicae visitarem, curas meas aliquantulum fore levatas.(Mi dicevano i compagni che se avessi visitato il sepolcro dell'amica, le mie pene sarebbero state alquanto mitigate")
Carico i commenti... con calma