Nel mezzo del mio viaggio alcolico vengo sopraffatto da un ghigno che pare provenire dal più profondo degli inferi, accompagnato da un vortice di basse frequenze e distorsioni valvolari che mi fanno rizzare i peli del pube. In lontananza scorgo quattro loschi figuri e immediatamente riconosco Ozzy, intento ad azzannare il suo cazzo di pipistrello, e insieme a lui c’è quella camicia coi baffi di Tony, avvolto dall’inseparabile alone demoniaco, a maltrattare con ferocia la sua schiava chitarra. E poi… e poi nemmeno il tempo di alzare lo sguardo e mi appare l’immagine di Lucia in cielo con i suoi diamanti, mentre come d’incanto mi ritrovo circondato da una distesa di campi di fragole. Mmm, buone però!
Ora voi penserete che sto delirando, e probabilmente non ci andate tanto distante, ma queste non sono le mie memorie da Arkham. Questi sono i Bigelf. La creatura di quel Cappellaio Matto di Damon Fox, al cui non compleanno di certo declinerei l’offerta del suo tè. Credo di essere già abbastanza fuori anche senza l’aiuto di certe sostanze. E fanculo la Lepre Marzolina! Cosa stavo dicendo? Ah, si. I Bigelf sono un gruppo di Los Angeles che, invece di correre dietro a tette e culi dell’intera California, hanno pensato bene di darsi alla musica dura per un pugno di fottutissimi dollari. E già che ci siamo vestiamoci tutti di nero che è sempre di moda e se ci scappa un funerale hai già l’abito bello e pronto. Se non si è capito, la follia è l’asse portante attorno al quale ruota l’universo musicale della band, nonché il filo conduttore di “Hex”.
Si, perché in questo disco riff polverosi e taglienti degni dei migliori Sabbath vanno a braccetto con melodie caramellate che ammiccano ai Fab Four. Non avranno fumato spinelli nelle toilettes di Buckingham Palace, ma certo Damon Fox e compagni sanno costruire armonie magnetiche e di grande impatto. Se poi ci aggiungiamo un tocco di psichedelia sulfurea e una spruzzatina di muschiosi suoni di synth, eccovi servito il perfetto cocktail surreale.”Hex” è una di quelle opere che può mettere d’accordo un po’ tutti, come al contrario confondere o irretire gli ascoltatori meno aperti. Da un lato gli amanti del progressive o i nostalgici dei seventies si troveranno di fronte una band tecnicamente ineccepibile, che si diverte a manipolare strumentazioni varie e sonorità vintage. Dall’altro anche i devoti dell’elettricità potranno arrendersi a stuoli di chitarre arrabbiate e sovraccariche.
Armonie che scopano con cacofonie in un’orgia saffica e multietnica. Tourniquet che alternano atmosfere strafatte di acido a violente tensioni adrenaliniche. E a chi afferma che questi gruppi di oggi continuano a vestire sempre gli stessi vecchi abiti io dico solo questo: esistono persone che possono vestire quello che vogliono e riescono a farlo con stile e fantasia. E credo che i Bigelf rientrino tra questi.
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