Recensire Bill Evans? E chi ti credi di essere: Pino Candini? Leonard Feather? Mullah? No, non abbiate paura :-) semplicemente intendo segnalare, con qualche trascurabile nota a corredo, questo bellissimo CD sestuplo (si: ben sei CD!).

Se "You must believe in spring" rappresenta il testamento, "Turn out the stars" costituisce il cospicuo lascito ereditario di Bill Evans. Catturato durante l'ultimo ingaggio al Village Vanguard di NY nel 1980, pochi mesi prima di morire. Una corrispondenza che mi viene subito in mente è quella con "Bolero", il bel film di Lelouche (quello del 1981; ce ne sono almeno altri due: uno del ‘34 ed uno dell'84) in cui diverse trame e vicende personali scollegate trovano un denominatore comune alla fine della pellicola. Bene, in quest'opera il pianista narra in prima persona, con le note anziché con termini linguistici e ci parla della vita e di stati d'animo; di rabbia e solitudine; di viaggi e di una comunicazione empatica al massimo livello con altri artisti sullo stage che in questo caso sono due musicisti del calibro di Marc Johnson e Joe La Barbera. Compagni già da due anni, cui concede spesso la scena, nel disco: spazio necessario per costruire un dialogo di emozioni botta e risposta col pubblico. Alcuni brani sono ovviamente ripetuti, essendo le tracce state registrate in più serate nel locale.

L'impostazione, l'arrangiamento dei pezzi si ripete, quindi, ma quello che è nuovo ogni volta è il feeling, o magari sono la qualità e la disposizione delle note e degli accordi nella scala temporale: ora si accentua una sincope oppure si rinnova una frase; magari anche dando qua e là un colore "minore", più tetro o "maggiore", più gioioso. "My romance" viene eseguita ad alta velocità, quasi a simboleggiare i tratti stilizzati con cui i pittori dipingono, sinteticamente, rapidamente ma senza sbavature, nella piena maturità o comunque al crepuscolo di una vita artistica: il pianismo di Bill è qui espresso al massimo livello possibile e tutti gli episodi occorsigli durante la vita, tutte le collaborazioni musicali, tutto il dolore o le gioie provate confluiscono in questa incisione. Addirittura Bill spesso chiude pezzi anche difficili con un giretto rapido di accordi in "stride", cui lesti si accodano i due ritmi per poi esplodere in una collettiva risata col pubblico!

Un Bill Evans comunicativo, che durante questi ultimi concerti, forse presago, addirittura parlava con gli spettatori (mai successo prima!) e dava fondo alle proprie energie groove, rinunciando a "sottintendere" ma esplicitando invece con un mucchio di note ed arpeggi successivi. Stravolgimento di Bill Evans da parte di Bill Evans stesso. Spesso irriconoscibile e comunque stellare. Sei dischi da ascoltare spesso e che contengono veramente tanto. In più occasioni indulge all'intro lunga, lunghissima: solo accennando il tema ed esasperando, dilatando l'attesa; offrendo al tempo una mini-prova concertistica di piano solo che veramente ti da la cifra di quale altezza possa raggiungere il vertice dell'arte se le stelle sono ancora accese.

Un Glenn Gould fuso con idee globali di democrazia musicale transcontinentale e popolare. Marc Johnson: l'articolarsi dei brani spesso prevede un carico di responsabilità niente male per Marc, quale elemento melodico portante centrale; supportato appena da un paio di colpi di spazzola discretissimi girati a tempo e da delicati accordi di piano. Quando addirittura non venga lasciato solo a fronteggiare l'audience: diritto e solido come un guerriero; sereno, competente e possente lì a suonare, cavar note, divagando totalmente dal tema centrale per poi ritornarvi per rincorrere Bill e Joe sino alla fine del pezzo. Joe: i suoi soli sono suonati e musicali; integrati nella materia musicale e addirittura godibili (contrariamente alla media!) ed il suo contributo è determinante per conferire energia enorme ad un Evans che gioiva in maniera indicibile della collaborazione con questi due giovani enormi musicisti.

Non è una recensione e me ne scuso: è un' elegia pura ed acritica. Però mi perdonerete pensando che scrivo solo ed esclusivamente quando ho per le mani qualcosa di assolutamente valido; alla fine non penso di essere francamente in grado di "recensire" Bill Evans, ma come fruitore di musica jazz da decenni so decisamente riconoscere uno dei venti dischi di jazz da dover includere nella capsula del tempo.

E questo è uno di quelli.

Elenco tracce e video

01   Bill's Hit Tune (07:47)

02   Nardis (15:37)

03   If You Could See Me Now (05:42)

04   The Two Lonely People (07:10)

05   Laurie (06:32)

06   My Romance (07:47)

07   Tiffany (05:41)

08   Like Someone in Love (07:37)

09   Letter to Evan (05:18)

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