La musica, come le altre cose belle della mia vita, le ho scoperte piano piano. Non ho avuto un fratello maggiore a infarcirmi di dischi, i pochi vinili che avevo in casa erano di lirica, una passione di mio padre poi affievolitasi con gli anni e qualche disco di Battisti di mia madre.
La passione per la fruizione dell´arte suprema me la sono costruita in parte da solo, in parte attraverso il peer to peer di musicassette a nastro magnetico. Proprio in uno di questi supporti un giorno registrai Before We Were Born, che per quanto possa essere considerato un lavoro ininfluente nel mondo della musica in generale, venne in quel determinato periodo ad influenzarmi non poco e darmi l´esatta definizione di quello che per me avrebbe dotuto essere il jazz contemporaneo. Poi m´accorsi naturalmente che cosí non era affatto, non riuscendo per un buon tempo a trovare qualcosa che potesse somigliare a questo lavoro.
Bill Frisell incide il suo primi lavori per la ECM, credo ci sia entrato per sostituire Pat Metheny in un lavoro di incisione e poi ci sia rimasto fino a Rambler dell´86, lavoro che comprai originale ma nel quale non trovai quello che cercavo, per poi cominciare a incidere con l´Elektra Nonesuch. Before We Were Born é il suo primo disco con questa etichetta e esce nell´89.
É in quel periodo che collabora con Zorn, in News For Lulú (magnifico coi pedali) e in Naked City* che uscí l´anno dopo per la stessa casa discografica, il che aiuta a farci un idea piú precisa del contenuto del suddetto album. Certo non troveremo sferzate grindcore, ma una netta tendenza a tipo di linguaggio piú avantgarde, dove Frisell tende a usare un approccio compositivo positivamente influenzato da Zorn, pure in veste di arrangiatore in Hards Plain Drifter, un pezzo riconducibile allo stile collage in ritmo cinematografico di Spillane (1987).
Ad accompagnare Frisell, oltre a quella che fú la sua band, con Kermit Driscoll al basso, Hank Roberts al violoncello e Joey Baron alla batteria troviamo pure le obliquitá (perdonami Brian) di Peter Scherer, e cigliegina sulla torta quel fusto di Arto Lindsay, che chiude pure l´album in maniera che solo lui sa fare.
E se vent´anni fa un disco cosí era per me sorprendente, oggi si rivela un ascolto ancora molto coinvolgente. Inserirlo nel suo contesto é sbirciare nella finestra del tempo in un momento brillante della carriera di Frisell. E se Zorn ha il grande dono di tirare fuori il lato migliore e spesso oscuro dagli altri, Frisell qua ha avuto il genio di invertire il processo, di esorcizarlo e metabolizarlo in un disco carico di potenza e elettricitá.
*il primo album dei Naked City esce a nome di John Zorn
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