Spectrum (1973) è l'album di debutto del batterista fusion panamense Billy Cobham (1944), che all'epoca poteva già vantare un palmares eccezionale avendo collaborato con George Benson, i Brecker Brothers e Miles Davis, e soprattutto militando dal 1971 nella leggendaria Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin. Billy Cobham è pacificamente inserito nell'olimpo dei migliori batteristi di ogni tempo, un vero mostro di tecnica, inventiva e presenza strumentale, e tutto questo si percepisce alla perfezione in questo fondamentale e famoso debutto, anche perché le percussioni sono mixate in primo piano ed il disco vanta una resa audio notevolissima per l'epoca. Il drummer fornisce qui un contributo fondamentale al genere musicale della fusion e soprattutto del jazz-rock, che aveva preso piede in modo perentorio sia in Europa che negli States, rappresentando una novità estremamente stimolante per gli appassionati del rock adulto ed intelligente.

Il jazz-rock si giova infatti della stessa carica muscolare e della stessa propensione all'effetto che caratterizza il rock sin dalla fine degli anni sessanta, incrociando generi musicali come il funky ed il jazz più movimentato con gli stessi elementi che avevano fatto la fortuna dell'hard rock: velocità, energia, tecnica musicale esibita, eccessi strumentali, oltre a quel compiacimento nella ricerca del virtuosismo che sovente è dato riscontrare nel jazz moderno... genere dichiaratamente freddo, perché il feeling è tutto nella tensione virtuosistica degli scambi strumentali, dei repentini break e cambi di tempo, ma nondimeno esaltante per la raffinatezza della tessitura armonica (gli accordi del jazz sono notoriamente infiniti, mutevoli, contigui e differenti) e l'eleganza ed eccellenza delle interpretazioni, di norma strumentali.

Come stava facendo Chick Corea sul versante Return To Forever (il migliore gruppo di jazz-rock di sempre), Billy Cobham riempie le proprie peraltro ottime composizioni di variazioni repentine, inserti velocissimi, mutazioni di battere in levare ed in quasi tutti i brani la sua batteria è come se fosse in perpetuo assolo, con continui scambi rullante/cassa/toms anche "matematici" (tempi dispari utilizzati per accompagnare battute in 4/4, finché il minimo comune multiplo fa tornare il conto e riallineare i tempi). E' chiaro a questo punto che si tratta di un ascolto progettato soprattutto per gli onanisti della tecnica musicale, ma io credo faccia sempre piacere sentir suonare con bravura e competenza, e non è che manchi il feeling nelle esecuzioni, solo che è innegabilmente più autoreferenziale, compiaciuto e meno comunicativo rispetto ad altre espressioni musicali meno complesse ma assai più dirette, come il blues. Qui lo strumentista suona più per sè che per comunicare, ma gli amanti del virtuosismo troveranno pane per i loro denti in questo Spectrum, dal momento che la squadra convocata dal drummer è veramente da applauso: Jan Hammer, Ron Carter, John Tropea, Joe Farrell, oltre ad altri comprimari meno noti ma di grande talento tra cui Tommy Bolin, futuro Deep Purple, il quale si gioverà anche troppo della fama ottenuta da quest'album.

Le composizioni sono molto belle e soprattutto equilibratissime tra smooth jazz/fusion, del quale genere non presentano però la proverbiale stucchevolezza (cfr. Grover Washington), ed il jazz-rock vero e proprio, inteso con eleganza assai maggiore ed un tono complessivo non così aggressivo e frastornante (come accade invece, ad esempio, nella celebre Duel Of The Jester And The Tyrant dei RTF). Strepitoso e famoso l'incipit di Quadrant 4, drumming da cardiopalma per tutti e quattro i minuti ed un solista di tastiere e chitarra giustamente celebrato (soprattutto di tastiera: il suono di Jan Hammer è in grado di parodiare assai bene quello della chitarra elettrica, con il risultato che molta della tecnica strumentale attribuita a Bolin è in realtà sorretta dai sintetizzatori, ascoltare in cuffia per verificare). Spectrum e Taurian Matador sono altre gemme rock fusion, cavalli di battaglia di una carriera sul palcoscenico, mentre la lunga Stratus - uno dei migliori brani del disco - si concede un'introduzione ad effetto tra sognanti tastiere ed il pulsare virtuosistico della batteria. La riflessiva Le Lis conduce infine alla celebre Snoopy's Search/Red Baron, dove un mid-tempo funky viene stravolto da cambi di tempo al fulmicotone ed un utilizzo intelligente dell'effettistica anche elettronica.

Un disco che al di là delle etichette di genere e del compiacimento strumentale è assemblato con composizioni molto belle, suonato con tecnica ed eleganza, un'opera che risulta davvero entusiasmante per una vasta platea di ascoltatori e per questo è da sempre notoriamente apprezzata anche dal popolo del rock e del prog. Billy Cobham proseguirà una fortunata carriera più nella fusion vera e propria che nel jazz-rock e ci regalerà dischi anche molto belli, ma non riuscirà mai a replicare la formula di grande energia, padronanza strumentale e presenza rock che nel '73 produsse questo famoso Spectrum, generalmente appellato (un po' semplicisticamente) come "l'unico disco di jazz che piace da morire ai rocchettari". Non è vero e non vedo perché il jazz dovrebbe piacere solo ai jazzofili, ma evidentemente all'epoca era inteso come un complimento, ed effettivamente il disco in questione in quegli anni ce l'avevano proprio tutti, anche i fans dei Deep Purple o quelli dei Genesis, e pure quelli di Guccini.

Carico i commenti...  con calma