Il capolavoro.
I Biohazard, nel lontano 1992, pubblicano "Urban Discipline", che diventerà il simbolo di questo gruppo, capace oltretutto di ripetersi (e anche di migliorarsi) in termini di successo con il successivo "State Of The World Address". Ma il disco preso in esame oggi dà una maggiore carica, si sente la ruvidezza e l'ignoranza della vita di strada, e dalla prima all'ultima traccia ti fa rimanere incapace di muovere un dito per cambiare canzone, ma non per seguire il ritmo travolgente tenuto da Schuler alla batteria.
Non è un caso che la traccia introduttiva sia "Chamber Spins Three", una delle più spinte del quartetto di Brooklyn: coinvolgente soprattutto il veloce rap di Billy Graziadei nel ritornello. Eseguita live fa veramente un certo effetto, come possiamo sentire in "No Holds Barred", cd del grande concerto ad Amburgo del 1997. Segue "Punishment", quella che forse è la più famosa hit dei Biohazard, ma che viene offuscata dalle altre grandi canzoni dell'album. In primis, la title-track, al numero 8: canzone nella migliore tradizione old school, con un assolo che mi ha drogato per un bel periodo, essendo stata una delle prime loro canzoni che ho ascoltato. Ma anche "Shades Of Grey", "Business", "Wrong Side Of The Tracks" eccetera eccetera. Degna di nota "We're Only Gonna Die", cover dei Bad Religion e parecchie volte meglio dell'originale, che dà un tocco di diversità che non fa mai male.
Veramente un album storico, sempre più ogni volta che lo ascolto. Potrei spenderne parole d'elogio per molto ancora, ma lascio a voi commenti o altro. Questo è il manifesto, questi sono i Biohazard. E se non vi piacciono, siete pregati di andare a farvi fottere.
Carico i commenti... con calma