I riff sono brevi frasi melodiche comparse con il jazz delle big band negli anni trenta. Trattasi di un modello musicale di chiamata e risposta in cui sono impegnati i vari strumenti. Un dialogo in musica che ha fatto scuola. Ma cosa succede se la chiamata non ha risposta? Se il riff si ripete senza produrre reazioni? Diventa un loop.
In ambito contemporaneo esistono diversi esempi di alchimie tra loop e riff riconducibili a jazz ed elettronica. Bill Laswell, Cinematic Orchestra, St. Germain, il nostro Nicola Conte, etc. Nulla, però, è paragonabile a questo “Dropsonde”. Disco popolato in buona parte da giganteschi riff loopati. Sovrapposti. Con precisione inaudita. Capaci di trasformare forme solide jazzate in liquidi spazi ambientali. “From a Solid To a Liquid”.
Elettronica al cubo partendo dalla radice ritmica del jazz. “Fall In Fall Out”. Il risultato è un ascolto che produce continui capogiri. E giro dopo giro, brano dopo brano, si vola. Ci si ritrova sulle nuvole. In “Altostratus”. E, giunti lì, si godono i pezzi più quieti e si guarda il mondo dall’alto. Vien da meditare. Perché in fondo “People Are Friends”. E poi vien da lievitare ancora. Fino alla stella chiamata “Daphnis 26”. Desiderando un altro ascolto. “In Triple Time”. Desiderando di vedere sottoforma sonora “Birds Fly By Flappling their Wings”.
Dropsonde: candidato ufficiale a miglior disco di elettronica del 2006.
P.s.: il disco in vinile uscito nel 2005 contiene sei brani mentre il cd uscito nel 2006 ne ha il doppio.
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