Dalla verde isola d'Irlanda giunge ancora una volta un interessante debutto che va a sommarsi ai pregevoli lavori con cui giovani band come Fontaines D.C. e The Murder Capital hanno declinato la nuova ondata post-punk di questi ultimi anni nelle loro opere prime. Le sonorità spigolose e taglienti del post-punk rappresentano tuttavia solo una delle molteplici anime che si agitano nel susseguirsi delle dieci tracce che compongono Staring at Clocks dei Bitch Falcon. Gli stilemi con cui gioca il terzetto dublinese si avvicinano infatti più decisamente a certo noise/grunge novantesco contaminato di influenze shoegaze e dream-pop (Catherine Wheel ad esempio), in cui aggressività e spigliatezza si combinano ad un approccio atmosferico e trasognato. Non a caso la stampa specializzata ha classificato i Bitch Falcon coniando appositamente l'etichetta dream grunge.

La voce di Lizzie Fitzpatrick rifugge dal recitato tipico delle ascendenze The Fall-esche dei conterranei citati in apertura per settarsi su un registro altamente melodico, dimostrandosi capace di librarsi nei più virtuosistici gorgheggi. Non siamo dalle parti dell'impalpabilità eterea dello shoegaze più oltranzista (anzi talvolta il cantato raggiunge picchi di rabbia degni delle più aspre vocalità riot grrrl), ma la sensazione di essere trasportati verso lidi celesti è comunque forte. Giri di basso potenti e corposi strutturano i brani con solidità e senso del ritmo encomiabili e risaltano sempre in primo piano, facendo da colonna portante su cui intrecciare suggestive cesellature che sovrappongono granulose sferzate lo-fi a tessiture più cristalline di matrice elettronica.

Il singolo Gaslight è emblematico di questa alchimia sapientemente calibrata, nel suo incedere robusto tra graffianti riff di chitarra e ululati accorati che lascia spazio nella seconda metà a rarefatti orizzonti di oscura desolazione metropolitana. Seguendo tale tracciato, il disco ci catapulta subito e senza troppi fronzoli nel vivo con due pezzi energici come I'm Ready Now e Sold Youth. Il primo è un ribollire convulso di basso e batteria continuamente scalfito da stridori al limite dell'industrial, il secondo inanella irresistibili giri di basso su un tappeto di dense nebulose sonore squarciate da ripetuti scampanellii. Per parte sua la successiva Turn to Gold dilata i tempi rievocando memorie suadenti e agrodolci che potrebbero essere state partorite dalla mente dei Cocteau Twins, ma con How Did I Know si ripiomba in un vortice di grintosi contrappunti ritmici dilaniati da divagazioni shoegaze come quella che si apre sul finale del brano.

La title track Staring at Clocks riesce a tenersi sul filo del rasoio di un crescendo sempre più intenso che esplode infine in un adrenalinico tripudio elettronico di sfarfallanti bagliori stratificati. Se invece Damp Breath è il pezzo più radiofonico e danzereccio dell'album, pur non rinunciando a sommergere la sua vena punk sotto una coltre di effetti di distorsione, Test Trip si muove con scioltezza tra la malinconia delle strofe e il brio dei ritornelli salvo poi concedersi una virata genuinamente shoegaze, stile Asobi Seksu e Pinkshinyultrablast. Chiudono l'album lo pseudo-grunge dissonante di Martyr, la già menzionata fantasmatica Gaslight e l'epica cavalcata conclusiva evocata da Harvester, in cui il passo concitato variamente mantenuto fino a questo punto si distende in ampie e solenni volute dalla consistenza granitica percorse da venature sinistre.

Pur non raggiungendo i livelli dei precoci capolavori di Black Midi e Black Country New Road, nel complesso l'esordio dei Bitch Falcon possiede tutti i crismi per poter essere salutato come il primo e riuscitissimo tentativo di una band che sembra aver già maturato uno stile e un'identità ben definite (un mix di disparate influenze contaminate in modo personale, accostabile a quanto sperimentato da giovani promesse come Wolf Alice, Flasher e Sorry) e andrebbe inclusa tra i nomi da tenere d'occhio nei prossimi anni nel panorama del rock di provenienza albionica. Restiamo in attesa di un so​phomore della stessa caratura per poter giudicare la tenuta della loro proposta.

7.5

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