Una fotografia abbastanza modesta e semplice: una donna abbigliata con un maglione infeltrito, le mani appoggiate delicatamente sul viso, quasi a voler ulteriormente celare un alone di timidezza ed ingenuità già di per sé manifesto e abbastanza appariscente. Nel lontano 1993, lo stile dell'ecletticissima Björk non presagiva neanche remotamente le "stravaganze" eteree/fiabesche/magiche/misteriose/enigmatiche degli ultimi lavori, in primis Medulla e Biophilia: nel baricentro focale dell'allora tendenza Grunge, fatta appunto di essenzialità e sobrietà (almeno dal punto di vista del look) totalmente contrapposte alla magnificente sfarzosità degli spettacoli pop mainstream, il folletto islandese al suo "debutto" calzava perfettamente il mood dell'epoca. Eppure, oltre quella scialba copertina, oltre la foto di ingresso che pare essere stata scattata nella Russia Sovietica postbellica, era confezionato un autentico gioiellino discografico, una miscela di sounds, fantasia, sentimento, raffinatezza, sensualità, umore.

Debut si presenta come uno speciale viaggio intimistico-artistico nella sperimentazione sonora, in cui neanche i rumori, le stonature e i richiami della natura vengono lasciati da parte, rifiutati, disdegnati, ma al contrario immersi e amalgamati in un grande calderone dance/trip-hop. Sono ancora lontani i tempi della maturazione estrema di Medulla, nel quale natura e artificio compongono una sola, univoca opera di senso e spiritualità, tuttavia già sussiste la percezione di avere in mano un lavoro refrattario dallo scatolone pop-commerciale, una sorta di "cubo di Rubik" multifacce - e multicolori - da comporre, ricomporre e gustare sino all'ultimo tassello.

E la tracklist comincia proprio con una dinamitarda esplosione di suoni, rumori e bassi: Human Behaviour, marcia celtico-folk Sinead O'Connor style dalle evidenti ispirazioni ambient-trip hop, è l'anima vitale del disco, la summa di tutte le sue percezioni astratte e sensoriali, il coronamento della dialettica fra luce e oscurità. Un piccolo balzo ci porta poi alla frivola eurodance/techno di Big Time Sensuality e Crying, alla fresca e solare litania tribal-ambient dell'orientaleggiante Venus As A Boy e alla perla house di Violently Happy, una delle migliori espressioni di dance alternativa anni '90.

Sperimentazione, eclettismo, si diceva: eccovi allora le "stonature" unplugged di fiati impazziti in The Anchor Song, le porte sbattute, la folla chiassosa di un party e il tono vocale pseudo-adolescenziale ascritti nel ballabilissimo contesto di There's More To Life Than This, l'etereo, iper rilassante ed evanescente infuso trip-hop/ambient di One Day - quasi a voler anticipare gli effluvi iperuranici di Bachelorette e Medulla. Degni di nota, infine, Like Someone in Love, trionfo di archi e romanticismo da serenata old school, Play Dead, malinconica, addirittura straziante e disperata espressione trip-hop e il funkeggiante balletto da cabaret (con tanto di epilogo tribale) di Aeroplane.

Intrufolatosi spontaneamente nella diatriba nineties fra commercialità pop e puro, verace eclettismo alternativo, il Debut della primissima Björk riusciva perfettamente a vestire i tratti di uno e dell'altro, facendo affiorare un doppiogiochismo camaleontico - ancora acerbo e incompleto - che strizzava gli occhi agli appreciaters di tutta quanta la musica, di tutta quanta l'arte sonora, di qualunque melodie potesse arrivare ai padiglioni, alla mente e al cuore dell'attento ascoltatore. E la fiaba björkiana era solamente all'inizio...

Björk, Debut

Human Behaviour - Crying - Venus As A Boy - There's More To Life Than This - Like Someone In Love - Big Time Sensuality - One Day - Aeroplane - Come To Me - Violently Happy - The Anchor Song - Play Dead

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