Genere: Free Punk Elettronica

New York, 2005.

Eric Copeland, Bjorn Copeland, Aaron Warren aka Black Dice. La grande mela da circa quarant'anni continua ad essere il centro di gravità della sperimentazione. Non importa se si tratti di musica, cinema, arte. Sperimentazione è la parola chiave. Per comprendere a pieno la grandezza di questo nuovo disco: già famigerati autori dell'ormai noto "Beaches & Canyons", i nostri abbandonano gli astrattismi dal sapore new age di quelle sonorità per concentrarsi appieno su una nuova concezione dell'elettronica analogico-digitale e sulle variazioni ritmico tribali del beat. Pop del futuro?

Dentro questa Babele spasmodica affiorano quà e là melodie decisamente irrazional-joke e voci filtrate tremolanti ed elegantemente irriconoscibili. Un elefante e l'antistaminico. La manipolazione del suono ora è simbiotica alla resa della ricerca di effetti stranianti e coloratissimi: come se un bimbo facesse dell'action painting con i lego e bevesse latte viola (!). Mixer polverosi, sequencer adattati a vecchi sintetizzatori, delay senza feedback, chitarre decostruite, loop cibernetici ed esplosioni vertiginose di art-noise-core acidissime sono la nuova frontiera della musica come concetto. Confusionari?

I Black Dice sono così fottutamente raffinati che a volte vorrei non ascoltarli! "Smiling Off" (remixata per ben tre volte dalla DFA): degli aborigeni che guardano una TV aliena che proietta se stessi, comodamente e virtualmente danzando a ritmo di una slot machine, "Heavy Manners" suonata con pigrizia come se di dovesse fare dell'apatia una filosofia di vita. "Aba" è un de-ambient paradossale zuccheroso che strizza l'occhio ai Cluster di "Zuckerzeit", e di tanto in tanto spiccano meta-song industrial dance alla Throbbing Gristle ad un milione di colori. Chiude il disco "Motorcycle", sorta di degressione al country folk popolare di ambientazione ignota.

Sciamanici, folli, divertenti. I piccoli gioielli di questo capolavoro, come caramelle, si gustano, non si buttano giù di forza.

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