Vagando a ritroso nel tempo, "dopo il lavoro, il tempo libero, il tempo passa e i passa-tempi", mi ricordai di un biascicante quanto cencioso pezzo di vetro. Lo notai ieri, per terra, frantumato da tempo immemore, mentre mi accingevo pensoso lungo le cervellotiche vie di Milano, vicino San Babila, fresco-fresco di multa "by" A. T. M. (34 euro: sempre Sia lodato...). Quelle frantumazioni, quelle crepe di recondita memoria: furono loro a portare a galla il tutto. Su questo non v'è dubbio alcuno. Offeso e umiliato (oppure suona meglio al plurale, invertendo i termini?), giunsi arrancante alla fine del tunnel: BLACK FLAG, "Damaged". Ecco cosa. Sarà stata la mia condizione di puro rancore, o il mio percepir male il danno subitaneamente inflittomi, ma convenni con me medesimo di essere stato ingiusto con questa band anni ed anni or sono...

Rifacendomi a quello che Sum41, i 182esimi battiti di ciglia, quantochè i linea 77 mi trasmisero in età in-adolescenziale (ovvero una abnegazione di assoluto nulla), convenni nuovamente che questo "accesso", proprio, non potevo lasciarmelo scappare. Ma passiamo ai fatti or' dunque: i Black Flag furono LA band, che seppe interpretare al meglio quello che era l'unico approccio possibile che il punk inglese potesse avere nelle metropoli "Fritz-Langhiane" della California e degli Stati Uniti post-post-post e nuovamente post crisi del '29. Metropoli che cominciavano a vedersi iniettare emersioni di massa di adolescenti alienati ed alienanti, perennemnte alla canna del gas, in lotta continua contro chi, coetaneo (possibilmente alto-borghese), tentava di imitarne invano le gesta, e contro una società che faceva dei mass-media lo zucchero filato degli anni '80.

Cosa furono i Black Flag con "Damaged"? Furono un sonoro, sudaticcio e denudante Vaffanculo, a quella che si prospettava misticizzare l'America del Golden-Boy laureato, carrierista, sessista (ed aggiungerei, apri-"pista"...). Analizzandoli, memore del mio "accesso", scoprii curiosità tali da interdire, inerenti alla loro vita ed alla loro musica. La formazione, fondata da un "laureato" tutt'altro che carrierista Greg Ginn (lead guitar della band) conobbe differenti momenti difficili durante i suoi primordiali albori. Vuoi una vita sregolata da neo-laureato dimentico, anti/societarista per nascita, vuoi la droga, vuoi quel che vuoi... ma la bandiera nera mancava ancora di essere correttamente issata. A questo ci pensò Henry Rollins, durante un concerto fatto a New York, durante il quale il Ragazzaccio ancora farcito di penombra, demoni e completamente sconosciuto, salì sul palco e cominciò ad urlare in un modo tale, da destare lo sgomento più imprevedibile per il genere di serata. E qui finisce la prima metà della leggenda.

Al seguito di Rollins i membri della band non ebbero dubbi e lo proclamarono loro guru di pura disaffezione audio-verbale. Poesia rancida quella sua. Poesia la cui metrica trovò sfogo longevo ed eterno in ognuno dei corroboranti brani in questione: dalla epocale "Rise Above", fino alla supersonica "Thirtsty And Miserable" si respira aria rarefatta, come già espresso, sudaticcia e massacrante sino alla palpitazione cardiaca più parossistica. "Police Story", è una ode all'ebbrezza che porta ironicamente a vincere la battaglia verso non tanto le "istituzioni" di per sè, ma contro il timore di una società claustrofobica e pagliaccesca che uccide mediante burocratizzazione ordinaria. Tutto scorre acido, colmo di pura iprite chitarristica, ed altezzosamente miserabile, sino a pezzi dalla catarsi espressiva di "Depression", "No More" e la mitica "Life Of Pain" che per un minuto circa sembra voler ascendere a parabole Sabbathiane, scivolando successivamente in un punk'n'roll da brividi sconnessi. Una colazione a base di “Damaged II“ e penso si possa terminare l'ascolto, fieri di essere stati umili e colpevoli di aver riso sopra quel poco di buono che in apparenza si riteneva irreversibilmente risibile. Ovviamente senza dimenticarsi di "No More". Terminando l'ascolto ci si pone in uno stadio di pieno dubbio. Un'incertezza quasi mortale. Concetti come auto-produzione, arresto, locali silenti ed attoniti, odore di birra e di gin-lemon ultra distillato sui vestiti, mal di testa reminescente inneggiato a divinità per superare il freddo, quello fuori dalla porta, di pieno Gennaio o Marzo che sia...

Dove diavolo sono finiti? La risposta, la so da me, e credo che sia meglio ch'io la neghi alla vostra lettura. Frattanto, cercatevelo, scaricatelo e confrontatelo con l'attualità, se vi volete crucciare un poco, si intende... E' forse cambiato qualche cosa da allora? No, così io penso. E allora solo una cosa si può asserire: il "Danno" è tratto. Tutt'ora. E da un pezzo, fra l'altro...

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