"Come si può essere immortali, e ugualmente morire?"
Un risveglio, l'ennesimo.
Perchè l'ennesimo? Perchè sai di aver già provato questa esperienza, ma mentre lo stai pensando, al contempo capisci di esser diventato un contenitore vuoto, privo di qualsiasi ricordo delle vite passate, vite delle quali senti solo un'impalpabile sensazione; una intuizione più che una certezza ti fa capire di aver già vissuto questa scena non una, non due, ma centinaia di altre volte.
Ti giri, sei disteso in una grande sala, la flebile luce delle candele poste intorno a te non è sufficiente a farti discernere con esattezza i particolari del luogo, ma dal penetrante odore di morte che avverti, capisci di essere in un mortuario.
Ti giri dall'altro lato, e un teschio svolazzante fa la sua comparsa in scena...
E' questo l'incipit, o perlomeno quello che si prova, iniziando a giocare a "Planescape: Torment", gioco ormai graficamente obsoleto, ma al contempo (o forse proprio per questo) considerato generalmente l'anello di congiunzione tra industria videoludica e letteratura.
Questo gioco, in apparenza una trasposizione in chiave dark di Baldur's Gate I e II, si rivelò essere qualcos'altro.
Mai in passato un videogioco era stato supportato da una trama di qualità tale, affiancata da una incredibile capacità di coniugare temi "seri" come la morte e la ricerca dell'essenza della vita a situazioni e personaggi comici, il tutto ambientato nella splendida cornice di Sigil, una città che per sua stessa natura (nella saga di D&D Sigil è un punto di incrocio tra piani dimensionali diversi) diventa un affresco di personaggi unici, come Nordom, l'unico drone senziente esistente, Ignus, un mago tanto pericoloso quanto folle, e lo stesso Morte, teschio svolazzante dissacrante e donnaiolo.
C'è da dire però che i temi importanti trattati prevalgono rispetto all'aspetto comico del gioco, che servono solo per spezzare lo sviluppo angoscioso della trama e dei dialoghi, che come accennato vertono soprattutto sulla morte, o meglio sull'immortalità, ma anche sull'amore, sul senso della vita sulla morale e sulla giustizia, facendone un gioco consigliato per un pubblico adulto e maturo, che meglio può farsi catturare dalle atmosfere lugubri e decadenti, che fungono da sfondo alle azioni del "Nameless One" e dei suoi compagni di viaggio.
"Il tempo non è tuo nemico, l'eternità lo è"
Dal punto di vista ludico, si rivela un Rpg atipico, in quanto i dialoghi avranno molta più importanza dei combattimenti, questi ultimi basati sul regolamento Advanced D&D, sapranno comunque regalare soddisfazioni. L'interfaccia è ben strutturata, abbastanza immediata e non sottrae spazio eccessivo alla visuale di gioco (ovviamente parlare di requisiti tecnici su una recensione di un gioco di 11 anni fa, peraltro in 2D, mi sembra inutile).
Al giorno d'oggi, ben pochi potrebbero pensare anche lontanamente di essere attratti da un gioco graficamente così obsoleto, eppure ne varrebbe la pena; accompagnare il "Nameless One" nel suo viaggio fisico e metafisico alla ricerca del perchè della propria "non-vita" è un'esperienza impossibile da replicare con i videogiochi moderni, che purtroppo sempre più fanno prevalere l'aspetto estetico a discapito dei contenuti.
"Io sono ciò che cammina accanto tutta la vita. La mia voce è un sonaglio di morte, l'ultimo respiro nella gola, il sussurro di un moribondo."
P.S.
Il gioco non è tradotto in italiano, essendo previsto solo per il mercato statunitense (qua forse si scorge la scarsa considerazione che hanno di noi italiani, e non a torto: un gioco simile avrebbe venduto pochissimo da noi), sotto allegherò un link dal quale scaricare appunto la traduzione migliore disponibile, qualora qualcuno fosse tentato dal provare questa esperienza videoludica da me consigliata caldamente.
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