Spunta un raggio di sole caldo e intimo nella musica dei Black Marble, così intimo che sembra uno di quelli che filtrano attraverso il letro levigato della finestra e puntano il tuo viso ancora addormentato mentre sei in una nuvola di letto del centro o del nord Europa, al mattino presto. Un raggio di sole di quelli che ti fanno svegliare bene, nonostante le atmosfere siano quelle da ritiro spirituale interiore. Un raggio di sole che per induzione ti porta ad un the caldo con biscotti, mentre la tua casa di legno riprende colore e fuori, comunque, domina ineluttabile il grigio freddo del ghiaccio Nel 2012 mi ero speso per recensiere come disco dell'anno il loro A different arrangement. Nel 2019 non farò lo stesso però mi gusto avvolto in una coperta di lana davvero tanto questo salto dalla cold wave asettica a tinte prettamente fosche a questo synth-pop, in cui il fattore umano domina, pur se in maniera puntiforme, gli spazi che gli vengono riservati nelle partiture. Sembra che i nostri abbiano finalmente compiuto e ultimato il percorso di ricerca sull'etica del tempo. La loro punteggiatura cronachistica me li rende molto autori del primo '900 italiano mentre gli intenti li vedo sempre proustiani con le sensazioni che evocano, molto simili a quelle della lettura dei capolavori de à la recherche du temps perdu.

Di certo non si tratta di un act che punta ad affermarsi attraverso la letteratura europea. Anzi, probabilmente i Black Marble di tutto questo non ne sanno nulla, ma avere la capacità di generare questi pensieri è un merito per chi fa musica ed in questo album di meriti ce ne sono diversi. Il primo è quello di farmi tornare in mente il tragitto casa-lavoro che facevo nella neve quando vivevo all'estero ascoltando i New Order, e tutto quello che mi passava accanto si esaltava nel bianco, colorandolo allegramente. L'altro, senza alcun dubbio, è quello di riuscire a creare melodie senza via d'uscita, geometricamente concave. Nell'alito di un secondo, si riesce però a percepire la luce, calda ed inebriante, capace di farti scorrere tutta la vita davanti agli occhi, mentre la base di musica che si estende per tutta la durata della realese, disegna un contesto comunque poco accogliente. Resta il fatto che in un paesaggio sonoro così ben delineato, questa volta aumentano gli spazi destinati all'uso degli esseri umani con tutto il loro bouquet di sentimenti, per vivere da soli un'esperienza unica del ricordo.

Un terzo merito è quello di una voce capace di rapire totalmente la mia attenzione. Pur mantenendosi fedele allo stile del cantanto, i contorni si fanno più flebili e rarefatti, meno perentori nella loro drammatica capacità di racconto. Provate a prendere le doti pittoriche di Renoir e a renderle voce. Esperimento ardito e tutt'altro che semplice da concepire ma che può rendere l'idea. A parte i toni di colore scuri, si vedono anche quelli chiari, che segnano una chiara emersione di ricordi che possono tornare a farsi luce nell'ambito della contemporaneità. Che sta lì, fuori, pronta a regalare rifiuti in cui crogiolarsi pensando che nonostante tutto, poi così schifo non faccia.

Nel complesso, non si parla assolutamente di capolavoro. Non tutti i brani sono perfettamente riusciti. Ma il percorso artistico dei Black Marble va seguito perché ti fa capire, in valore assoluto, dove andranno a finire generi ormai datati regalati ai famosi posteri. Eccoli, i posteri.

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