Amaro Black Mountain gusto vero.
Una delle poche regole non scritte nel mio modo di vivere la musica (ma ho appurato anche di molti altri) è non ascoltare mai il cd in macchina del gruppo in questione, mentre ti stai recando al loro concerto. Sarà per un fatto scaramantico o per una questione puramente spirituale di karma positivo che non mi rovini l'esperienza live. Probabilmente è un semplice rito personale che osservo solo per abitudine. Però cazzo Mr. G insiste e io alla fine cedo tenendo fede alla regola non scritta n°2 : chi guida decide la musica da ascoltare in auto sempre e comunque. Rimane il fatto che dell'ultimo lavoro in studio questo sarà il mio primo ascolto.
Il traffico meneghino si è ritirato da poco e nella zona pseudo-residenziale di Ripamonti, delle palazzine con giardino in comune e dei suv 3.2 cc. si circola con facilità disarmante, meno trovare un parcheggio.
Entrando il locale si presenta rustico e ruspante ma completamente 626. Non è ancora a metà della capienza e con stupore apprendo che prima del combo canadese ci sono una band inglese che sta chiudendo con l'ultimo pezzo (ed è meglio così) e uno australiano, molto più interessante che propone un elettro-rock strumentale, che si rivelerà sorprendente.
Tenendo fede al nome del locale e essendo a digiuno da troppe ore io e Mr. G ci stringiamo in un angolo del banco e puntiamo molte fiches su un tagliere misto per due. (4 nespole al tagliere).
Mentre Mr. F. (amante dei motori e dei crimini più efferati) e Mr. P. (un fedelissimo dei live distorto/fumosi) celebrano lo stesso rituale al bancone delle spine. Tutto procede secondo i piani. A dir la verità c'è anche di più. Voglio dire: mi trovo a saggiare salumi prelibati mentre a uno sputo da me ci sono quattro ragazzotti che sotto un pestare nervoso di synth e tastiere ci deliziano con un assolo spettrale e lunghissimo di Theremin. Non l'avrei mai detto solo un'ora prima.
Prima di spostarci a un metro dal palco per i nostri esploro l'area W.C. per svuotare la vescica e mi trovo davanti il chitarrista delle "Vibrazioni" oppure il suo sosia perfetto. A giudicare dal fatto che siamo a Milano e data la nota predilezione per il rock d'annata psichedelico propendo per la prima ipotesi (e comunque in entrambi i casi dimostra solo buon gusto presenziando il concerto di McBean e soci). Torno in postazione e mi piomba davanti Mr. G. con le mani ancora unte dai salumi che sorseggia un bicchiere da 3 euro di Chianti sorriso compreso.
Pochi minuti dopo. Il gomito aguzzo del tipo dietro a me, ben piantato nella mia schiena mi fa capire che il locale è stracolmo senza neanche dovermi girare per una verifica. I cinque prendono possesso del piccolo palco, dai è fatta. Si parte con un pezzo piacevole che Mr. G. identifica in "Wilderness" e che scalda a dovere l'audience, seguita a ruota dalla spassosa "Evil Ways" da "In The Future". Premetto ora che la scaletta sarà composta di un gran numero di brani presi in prestito dall'ultimo Wilderness Heart e per il cui titolo mi affido esclusivamente alle mie orecch
In ordine sparso riconosco: "Old Fangs" con hammond e Wurlitzer sugli scudi, e le sabbathiane "Rollercoaster" dal vivo ancora più efficace e "Let Spirit Ride" dal tiro impressionante anche se dall'originalità ai minimi storici. Praticamente è il riff di "Symptom Of The Universe" con una piccolissima variante.
I Black Mountain live sono una gran bella "botta" quando nei pezzi più duri McBean lascia che la sua SG vomiti armoniche e posso dire che mi hanno convinto in pieno. Altrettanto mi hanno sorpreso positivamente quando scalano le marce nei momenti acustici. Qui l'attenzione passa sull'intreccio delle due voci dando quell'alone di mistero che l'ascolto dei loro dischi mi ha sempre lasciato. Menzione particolare per la voce di Amber Webber davvero brava oltre che un bel tipo, (neanche a dirlo molti degli occhi sono su di lei) anche se un po' fredda sul palco, a confronto dei compagni.
A livello soggettivo cito come apice del concerto la splendida "Wucan", il finale di chitarra epico (sottolineato dal boato di tutti i presenti) di "Tyrants" e la mia preferita la psichedelica " Don't Run..." assolutamente un gioiello di canzone. L'attitudine anni settanta è confermata, durante un inconveniente tecnico alla lunga catena di effetti vintage per chitarra di McBean, che praticamente si ammutolisce per un paio di minuti e che viene rimpiazzata dalle tastiere space improvvisate a dovere in attesa della normalità. Piccole cose che rendono unici i concerti, molte volte mere riproposizioni dei dischi in studio.
Per i bis c'è spazio per un pezzo che pare un estratto da Led Zeppelin 3 e dovrebbe essere "Hair Song", poi è la volta di "Queens" prima della Jam finale dilatatissima per minutaggio. Sarà per il caldo tremendo e la mancanza di ossigeno, ma il lungo trip elettrico "Druganaut" mi manda quasi alle cozze. Premio simpatia della serata al batterista Joshua Wells abbigliato come un maratoneta anni '80, cioè canotta acrilica e mini short attillati!
Siamo tutti un po' "pezzati" per il sudore ma niente a confronto del bassista che girandosi di schiena mi spalanca davanti agli occhi la cartina geografica dell'Africa stampata sulla camicia. That's rock man!
Un'ora e mezza bella piena dominata in egual misura dall' HR di stampo '70, da ballate folk psichedeliche e anche da un pizzico di prog che il sottofondo di tastiere ha generato. "In The Future" docet.
E' tempo di recuperare la macchina, incastrata in una via a fondo chiuso illuminata dalla luce gialla di un lampione vecchio stile, (che sicuramente ha visto i festeggiamenti post-mundialito '82) ed il gioco è fatto. Guardo negli occhi Mr.G., Mr. F. e Mr.P. e mi viene in mente l' Annibal Smith dei piani ben riusciti.
Ora ci attende il lavoro sporco.
Ci sono km da fare e posti di blocco da eludere. Regola non scritta n°3.
Let Spirit Ride...
Il parere del commendatore Bossolazzi:
Psichedelia, psichedelia... Più la cerchi e più ti porta via. 4 nespole.
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