Se la prassi vuole che nella musica non si inventi più niente e che le note sono sette allora elogerete i Black Mountain.

Fin dal primo disco hanno sempre trasudato Black Sabbath in primis, ma anche Pink Floyd, Jefferson Airplane, Pj Harvey. Sopratutto il precedente"In the Future" era un trionfo di vecchie glorie rispolverate, di hammond e chitarroni Gibson in bella mostra e le voci di Stephen McBean e Amber Webber a fare da corollario. Psichedelia e hard rock che sono gli elementi principali anche di questo nuovo "Wildrness Heart" registrato principalmente a Los Angeles con la produzione di David Sardy e Randall Dunn. Un prodotto ben confezionato, addirittura definito un disco pop dal batterista Well. La dichiarazione non sorprende in quanto l'afflato prog di "In the future" qui è ridotto ai minimi termini, le canzoni scivolano via pur nelle strutture robuste ma il risultato è che è difficile trovare un pezzo memorabile, quello che ti lascia il marchio. "The hair song", pezzo di apertura, procede fra sentori southern alla Black Crowes e echi dei Led Zeppelin, il singolo "Old Fangs" è un curioso connubio fra Queen of the Stone Age e Deep Purple, "Radiant Heart" è un folk oscuro e affascinante, a "Rollercoaster" manca solo la voce di Ozzy, "Let spirit ride" alla Motorhead, "The way to go" rimanda ai Jefferson Airplane, insomma ognuno si può divertire come vuole a trovare derivazioni illustri.

I nostalgici ne godranno, i ggiovani con le camicie a quadri lo glorificheranno, gli indie lo odieranno. Qui di nuovo c'è poco e  niente, prendere o lasciare ed è qui il dilemma che vive un disco come "Wilderness Heart" un pò come accade a formazioni come i Pearl Jam o Black Crowes, saremo derivativi ok, ma come cantavano i vecchi e imbolsiti Stones "I know it's only rock'n'roll but I like it.."

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