Sono sicura che ad ogni disco si possa attribuire un sapore. Ci sono dischi raffinati che sanno di champagne ed aragosta, dischi pesanti che hanno un retrogusto metallico, o dischi tosti che hanno un gusto pungente, piccante.
Ora, provate ad ascoltare "High On The Hog" e le vostre papille gustative capteranno whiskey, polvere, sudore e, perché no, il pungente aroma di una 38 special ancora calda.
Rude è dunque la fragranza che caratterizza in generale i Black Oak Arkansas, gruppo che fa affondare le radici del southern rock nella cupa cittadina Black Oak, luogo dove nasce il genio di Jim "Dandy" Magrum, leader vocale e sprituale. Grezza è la sua voce, tipica di chi non si sa contenere con alcol e sigarette, perfetta dunque per un gruppo burbero che ha tanta, tanta carica da dare e che fa della rudezza il marchio basilare dei suoi Black Oak Arkansas.
Il gruppo è solito produrre due dischi all'anno, i quali sono totalmente ignorati da critica e pubblico tra il 1971 e il 1973, anno in cui la fortuna sembra però baciare i musicisti proprio con questo "High On The Hog", che è senz'altro il disco più sviluppato della band, senza comunque perdere quel modo genuino di suonare che hanno all'inizio e che sembra via via svanire nel tempo e nella discografia.
Il disco in questione è ottimo, presenta tante variazioni nel corso della propria durata, vi assicuro che non vi stuferà. La linea di base è un buon southern rock che si fonde con un hard-blues potente. Non mancano però le sorprese: le fantastiche chitarre che tiranneggiano per tutto il disco ne sono d'esempio e "Moonshine Sonata" ne è il culmine più riuscito.
Tipiche influenze skynardyane sono riconoscibili qua e la, arricchite con un po' più di pazzia e con un calibro più potente, e con "Swimin' In Quicksand", "Movin'" e "Why shoudn't I Smile" i ragazzi superano con lode la prova.
Si passa dunque da canzoni più classici a piccole rarità, ovvero le ballate. Queste sono davvero qualcosa fuori dal normale, dolci e raffinate strumentalmente, conservano persino loro un lato molto grossolano grazie all'accento e alla solita voce di Jim Dandy. Insomma spettacolari sono "Back To The Land" e "High An' Dry" che presenta addirittura dei mandolini da atmosfera. Ovviamente, come ogni Southern-band che si rispetti, le due ballad sono dedicate alle fantastiche e indomate terre dove i musicisti sono cresciuti.
Per un energico blues i Black Oak Arkansas hanno sempre tempo, donando al disco un'altra atmosfera con "Happy Hooker", per un rock'n'roll ne hanno da vendere: con la autoironica "Jim Dandy", condita dalla voce della vocalist Ruby Starr, che, tanto per cambiare, è tutt'altro che dolce o pacata.
L'ultima virata di stile l'abbiamo proprio con l'ultima canzone, "Mad Man", in cui Jim Dandy da il meglio di sé e dove il resto del gruppo si ispira decisamente allo squilibrio musicale dei Little Feat, creando un'atmosfera degna del nome del brano.
Lasciatevi dunque prendere dal sapore di "High On The Hog", non pretendete di assaporare uno sfizio per il palato ma reclamatelo come il vostro digestivo preferito, un po' come una grappa dopo cena.
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