Nessuno si aspettava che quei quattro pazzi che a Birmingham fondarono i Black Sabbath un giorno sarebbero arrivati ad essere una delle band più famose al mondo, nonchè un'icona del modo di fare rock. Hanno ispirato l'heavy metal che stava nascendo (per altri sono essi stessi i "generatori" dell'heavy), hanno plasmato il cosiddetto "doom", hanno appesantito e mummificato le trame decisamente più classiche dei Led Zeppelin e dei Deep Purple.

Perchè questa lunga ed inutile introduzione sui Black Sabbath? Il motivo è semplice: ci sono Tony Iommi e i suoi amichetti dietro i nostrani Black Oath, band lombarda. E' il sabba nero l'ispiratore fondamentale dei tre componenti della band: essi si fanno chiamare A.Th. (chitarra e voce), P.V. (basso) e infine C.Z. (batteria).

Sono due le anime che i Black Oath riprendono dai maestri inglesi: quella più macilenta e seventies dei primi lavori e quella più prettamente epica e oscura che parte da "Heaven and hell" in poi. Questi due "corpi" si muovono insieme nelle composizioni (tutte assestate su un minutaggio medio/lungo).

"The third aeon" è il primo disco in studio dei tre milanesi, pubblicato nell'aprile dello scorso 2011 dalla label svedese I Hate Records. Questo garantisce una produzione buona, che esalta i ritmi possenti ed oscuri del trio. Ma come ben si potrebbe immaginare ciò non basta a garantire per la qualità del prodotto: queste proposte si portano dietro sempre un'aura di scetticità. I "numi" del genere guardano sempre da dietro l'angolo e il pericolo maggiore è incappare nella riproposizione (più o meno riuscita) delle coordinate d'oro che gli hanno garantito il successo. Ma sebbene "The third aeon" non brilli certo per originalità, possiamo comunque ritenere i Black Oath una band in cerca di vita propria, visto che non si fossilizza sul passato, sulla riesumazione delle preghiere sabbathiane. La lunga opener "Death as liberation" ci mostra infatti una band capace di svincolarsi dalle "grandi opere" del genere per cercare un sentiero più personale che ha il pregio di strizzare l'occhio ad un'epicità carica di pathos (qualcuno ha detto Candlemass)?

L'album si assesta su livelli qualitativi che non fanno mai gridare al miracolo ma teniamoci ben stretto questo gruppo: l'inventiva, la maturazione, arriveranno con il tempo e con l'esperienza. Se le basi di partenza sono i lunghi sermoni doom "Growth of a star within" e "Evil sorcerer" il futuro non potrà che essere più luminoso di questo, anzi loro lo preferirebbero più nebbioso, decadente e oppressivo che mai.

1. "Death As Liberation" (8:09)
2. "Growth Of A Star Within" (7:36)
3. "The 3rd Aeon" (3:05)
4. "Evil Sorcerer" (7:04)
5. "Horcell The Temple" (7:50)
6. "The Black Oath" (11:08
)

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