A sweet sensation, a simple chord, a new religion.
Poi, implacabile, parte “Whatever Happened To My Rock & Roll”.
“Sei il solco più profondo del cuore” ha scritto una poetessa indiana. Il rock & roll è il solco più profondo del mio cuore.

"The Forum club", 15 maggio 2004. Più che il racconto di un concerto, preparatevi al racconto di uno dei tanti sogni custoditi.
Ho sognato.
Ho sognato di avere 20 sterline, ho sognato di passeggiare per Tottenham Court Road, ho sognato la maniera migliore per poterle spendere. Ho sognato un negozio, un “free gig list” giallo, un centinaio di concerti in poco meno di 5 giorni.
Per un campagnolo di provincia come me, il paradiso dietro le nuvole.
Ho sognato di sedermi a Piccadilly, col cuore che batteva a mille ho sognato di dover decidere. Una Richmont 100’s tra le labbra, qui una sigaretta è oro che cola, o mangi o fumi: decidi, amico. Fumo le lunghe, così mi durano di più.

Ho sognato 3 lunghe ore tra le righe gialle del free gig list, ho sognato una penna che soffriva nelle sue lunghe strisce ad eliminazione diretta. Ho sognato il verdetto: “The Vines”, “The Streets”, “Black Rebel Motorcycle Club”.
Andrò all’ultimo di questi, fortunato prescelto dalle mie tasche povere di penny e ricche d’entusiasmo.

I “The Streets” vanno forte in terra d’Albione, si vocifera di un fresco capolavoro dato alle stampe. Qui sembra non si parli d’altro.
I “The Vines” attirano orde di ragazzine ingenue e svestite al punto giusto, ma l’età mi pesa come un macigno.

Entro con 5 ore d’anticipo, passeggio, guardo, mi nutro delle anime che mi circondano, cerco di capire quanto questa gente mi sia affine. Parlo poco, fumo la mia Richmont, penso a quanto sarebbe stato bello che lei fosse stata qui, ma lei non è qui. E in fondo tutto ciò non ha più importanza. Penso questo, e il tempo smette di rallentare, e mi accorgo che aspettava solo la fine dei miei pensieri. È ora. Salgono sul palco, vestiti come dandy glam, sensuali e dark, belli come gli eroi dei nostri fumetti di bambini, neri come il cielo nuvoloso e teso della City.

Si soffoca: parte “Love Burns”, giro di basso poderoso, lui si contorce, di dimena, si stacca la voce, riconoscibilissima tra milioni. Ho tanto amato il primo album, ma questa canzone non m’era mai parsa tanto potente e bella. Seguono 3 canzoni dal secondo lavoro, ch’io mai ho amato e mai assimilato; di sicuro la seconda di queste è il singolo tanto gettonato. “As Sure As The Sun” parte lenta, poi prende vigore, “Red Eyes And Tears” mi pare sia durata oltre 10 minuti. Il popolo dark sembra apprezzare, tutti venuti da Camden Road, suppongo, dove passano il tempo a mantenere grossi cartelloni pubblicitari che si contendono coi punk norvegesi.
“Spread Your Love” è un pugno nello stomaco, l’aspettavo come la terra arsa aspetta la pioggia. Il muro di suono è enorme, tutti si muovono concitati, non si respira, mi allontano mentre la chitarra batte l’assolo che mi taglia sempre in due. “U.S. Government” è feroce come non mai: puro e dinamico punk grezzo e lercio, col basso a pulsare come un cuore in agonia.

Un attimo di pace, ora.
A sweet sensation, a simple chord, a new religion.
Quindi, parte “Whatever Happened To My Rock & Roll”. Salto, mi dimeno, questo è punk & roll, signori, il solco più profondo del mio cuore.
Esco, fuori continua a piovere. Piove sempre, in questa cazzo di città. E io non ho mai l’ombrello. Domani è un altro giorno, e pioverà ancora, ne sono sicuro.

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