Dopo anni di attesa, l'ennesima cancellazione dell'unica data italiana del tour dei Black Sabbath è stata una cocente delusione, visto che ormai la gran parte dei biglietti per la data di Rho era stata venduta ed il concerto era stato annunciato da mesi. Se negli anni passati erano saltati interi tour, a causa della malattia di Ronnie James Dio prima e di quella di Tony Iommi poi, stavolta non si capisce davvero quali siano stati i "motivi logistici" che abbiano impedito ai quattro di Birmingham di venire finalmente dalle nostre parti. Se a tutto questo aggiungiamo che il tour del 2005, l'ultimo finora a vedere in azione la formazione originale, in Italia nemmeno ci era passato, si capisce che la cosa, per i fan più accaniti, iniziava a diventare veramente frustrante.

Quale migliore occasione, quindi, che far coincidere qualche data del tour europeo con una breve vacanza? La data del Bercy ha quindi finalmente reso possibile assistere ad un concerto dei Black Sabbath con Ozzy alla voce, dopo la bella parentesi a nome Heaven And Hell e le due indimenticabili partecipazioni al nostrano Gods of Metal di ormai diversi anni fa. Se il buon Bill Ward, per un'infinità di questioni più di natura extramusicale che altro, nemmeno stavolta è della partita, rivedere sullo stesso palco tre dei membri fondatori è comunque una bella emozione, soprattutto se si constata che con il recente "13" abbiano ancora qualcosa di interessante da dire.

Dopo i quaranta minuti degli Uncle Acid & the Deadbeats, piacevoli ma un puro tributo ai primi album dei signori che avrebbero suonato da lì a breve, le luci calano e partono le sirene di "War Pigs". Palazzetto in delirio, pubblico, che comprende metallari ventenni come hippies che da tempo hanno superato la sessantina, partecipe e stregato. Tony Iommi è la solita macchina da riff, impressionante la potenza che fuoriesce dai suoi amplificatori, Geezer Butler ha il solito tocco terremotante e Ozzy, per nostra fortuna, appare da subito in buona forma, e ormai c'è davvero da chiedersi quanto il solito sguardo perso e spiritato sia reale o faccia solo parte del personaggio.

"War Pigs", come era facilmente presumibile, non fa altro che dare il via ad una scaletta di classici, rigorosamente tutti tratti dai primi album del Sabba Nero, quelli che, per i mille motivi che non stiamo ora a (ri)spiegare, hanno davvero segnato un nuovo modo di intendere il rock. Bello il ripescaggio di "Under the Sun", tratto da quel "Vol. 4" spesso bistrattato, così come è notevole la resa di un vecchio cavallo di battaglia come "Snowblind". Nonostante la soddisfazione di vedere, finalmente, i Black Sabbath dal vivo, al netto di strane sigle alternative usate in precedenti reunion, resta un po' l'amaro in bocca a sapere che in quel momento si sarebbe potuto assistere alla tanto agognata ricostituzione del gruppo originale, mentre invece ci dobbiamo "accontentare" dell'ottimo Tommy Clufetos alla batteria, turnista di classe con un lungo curriculum con pezzi grossi del rock mondiale, ormai da un paio di anni eterno sostituto di un Bill Ward più interessato alle carte bollate che a riprendere in mano le bacchette. "Black Sabbath", "NIB" e "Fairies Wear Boots" scorrono senza pausa alcuna ed è notevole constatare come un gruppo di non più ragazzini possa permettersi due ore filate di concerto senza inframmezzarle con infiniti assoli e momenti morti.

Come detto in apertura, è piacevole vedere come i nuovi brani vengano ben accolti, segno che il nuovo "13" deve essere stato apprezzato anche da chi, vista la cifra non proprio abbordabile del biglietto, spera di ascoltare più i pezzi cardine della discografia dei Sabs che gli ultimi arrivati. "Rat Salad" è un'ottima occasione per mettere in mostra le doti del buon Clufetos, con un lungo assolo che riprende quello originale del 1970, togliendo qualsiasi dubbio ai vari detrattori sulla bontà della sua scelta, a quanto pare ormai l'unico, insieme a Vinny Appice, capace di non far rimpiangere un Bill Ward ormai da troppo tempo fuori dal giro. Una nota di merito anche per quanto riguarda la scelta della scenografia, con megaschermi che di volta in volta alternano riprese dal palco a filmati girati per l'occasione, ottima per creare un'atmosfera tetra e lugubre. Gran finale, come da tradizione, con "Chidren of the Grave" e "Paranoid" e con Ozzy che lancia le solite secchiate di acqua sul pubblico delle prime file. Un concerto ottimo sotto ogni punto di vista, scaletta prevedibile, ma in questi contesti non si può essere troppo coraggiosi, e soprattutto quattro musicisti in splendida forma. Finché saranno ancora in giro sarebbe il caso di non farseli scappare, nonostante un biglietto ad un prezzo non proprio popolare. Il voto va alla serata e alla carriera. 

1. War Pigs 2. Into the Void 3. Under the Sun/Every Day Comes and Goes 4. Snowblind 5. Age of Reason 6. Black Sabbath 7. Behind the Wall of Sleep 8. NIB9. End of the Beginning 10. Fairies Wear Boots 11. Rat Salad12. Iron Man 13. God Is Dead? 14. Dirty Women 15. Children of the Grave16. Sabbath Bloody Sabbath intro/Paranoid
Carico i commenti...  con calma