"Master Of Reality" (Castle, 1970)

Nella prima fase della loro carriera i Black Sabbath sono stati un esempio indiscutibile di continuità (negli anni dal 1970 al 1978, otto album in studio), e così dopo la doppietta del 1970, l'anno successivo esce il terzo capitolo della saga. Copertina essenziale: scritta viola in campo nero. Altro grande album, solo di poco inferiore ai primi due, non foss'altro per i due brani iniziali, non particolarmante brillanti, che non convincono granchè.

"Sweet Leaf" è un inno di lode alla marijuana, che Ozzy canta accompagnato da uno strumentale ignorante (nel senso buono del termine), di gusto quasi grunge, anche se i Nirvana negheranno sempre di esservisi ispirati.

"After Forever" non lascia molto da dire di sé, tranne che colpisce per due cose. Primo: l'ottimismo cristiano della lyric; secondo: la comparsa della tastiera, una novità nei Sabbath. Invece nei brani successivi troviamo un capolavoro dopo l'altro.

"Embryo" è una fuga acustica di venti secondi di chitarra in stile medievale, che lancia uno dei brani più famosi dei Black Sabbath, forse quello di maggiore inpatto dal vivo: "Children Of The Grave", un'immensa, potentissima cavalcata, terribilmente freak nel suo parlare di bambini che impongono agli adulti la pace nel mondo, dall'andamento tipicamente groovy, aggredisce l'ascoltatore per tutti i suoi cinque minuti di durata.

"Orchid", armoniosa e delicata (proprio come un'orchidea che sboccia), è, insieme a "Embryo", il secondo di due interludi acustici che i Black Sabbath collocano sapientemente in punti chiave per far "respirare" un album pesante e oscuro.

"Lord of this World" rallenta il ritmo, facendo l'ordito più oscuro e maestoso, con riff tagliati nella pietra, ma mai statici e noiosi.

"Solitude" prosegue la linea intrapresa da "Planet Caravan" in "Paranoid", quella del capitolo lenti: uno struggente inno allo spleen, dalle tonalità crepuscolari e decadenti tanto care a Geezer.

Chiude l'album la cupissima e pesantissima "Into The Void", uno dei pezzi più stoner in assoluto, con il suo riff circolare, a combustione lenta, come un razzo lanciato verso il vuoto. Il tema è ancora una volta una visione della fine del mondo che va fondendosi con la riflessione sulle conseguenze di un cattivo uso della tecnologia.

Carico i commenti...  con calma