Tempi oscuri del Covid19! Doomsday del Sistema Capitalista!

E allora metto la metaforica puntina su un gruppo che avevo sempre snobbato e ascoltato molto superficialmente: i Black Sabbath.

Parto da quelli di Ronnie James Dio che si conferma gran cantante, unico Godfather dell'Heavy Metal.

Ma a ritroso giungo ai Black Sabbath originali, quelli di Ward, Butler (gran bassista very underrated), Iommi e quell'improbabile frontman che risponde al nome di Ozzy Osbourne, stridulo e spennacchiato corvo delle Badlands.

Il catalogo del suddetto gruppo storico contiene pietre miliari dell'Hard&Heavy, di cui preconizza i pregi come i (tanti) difetti.

In questo catalogo risplende il titolo "Sabbath Bloody Sabbath" a parere di chi scrive il capolavoro forse involontario del gruppo.

Siamo a fine 1973 e gli annali della musica rock registrano perle assolute come "Selling England By The Pound" dei Genesis, "For Your Pleasure" dei Roxy Music", "Ziggy Stardust And The Spiders From Mars" di David Bowie...

"Sabbath Bloody Sabbath" è un album di heavy progressive. Irripetibile e irripetuto. Il suono è ancora pesante, ma è contaminato dal suono del momento. Iommi ha voglia di osare e per il sabba assolda in incognito lo stregone più in auge dell'epoca: Rick Wakeman che cesella i brani da par suo.

Il disco suona fresco, ispirato e dinamico. Incredibilmente il cantato di Ozzy è efficace e imprescindibile ai pezzi. Intendiamoci, i quattro Sabbath sono sempre e solo dei bravi artigiani: però anche agli artigiani può riuscire il capolavoro della vita.

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