Un colpo a salve. A 3 anni dal debutto " Lights From Above " definito dal magazine Big Cheese come ' simply fucking awesome ', i Black Tide tornano con " Post Mortem ".
La band capitanata dal giovanissimo Gabriel Garcia, classe '93, non riesce a stupire e ripetere l'esordio col botto e tante sono le concause non attribuili alla band, ma prima di parlarvi del presente disco c'è da fare una dovuta premessa.
I ragazzini di Miami hanno un contratto con la Interscope Records sin dal 2007, qualcuno decide di dar loro una mano, li fa registrare una cover degli Iron Maiden, una dei Metallica, e fa indossare loro le magliette di " And Justice For All " per marchiarli come la tanto attesa 'Next Big Thing'. In effetti anche il sottoscritto con le dovute perplessità, riteneva i 4 ragazzini terribili potessero seppur in parte intraprendere le orme dei grandi giganti del passato, ma quando ho saputo che i nuovi produttori dell'atteso secondo disco è gente vicina alle nuove band Metal quali Avenged Sevenfold e Bullet For My Valentine, ho temuto una sorta di adeguamento allo stile più easy-listening a dispetto del classico heavy metal, cosi è stato.
A Garcia dicono di tagliare i capelli troppo lunghi e le magliette dei Metallica vengono sostituite con camicie e smanicati. Tra il 2010 e il 2011 la band pubblica un paio di inediti, "Bury Me" e "Honest Eyes" dando un antipasto dell'abbandono dello stile Metal a favore di uno stile più 'catchy' più orientato a quello che la stampa definisce Emotional Metalcore, con tanto di riferimento ai già citati Avenged e Bullet. Nonostante ciò, i pezzi sono suonati e prodotti bene e fungono da assaggio al presente album.
L'apertura del disco spetta a "Ashes", senza offese mi spiace dire che a tratti sembra di ascoltare gli Escape The Fate, ma è cosi, pezzo comunque gradevole che fa da apripista alla già citata "Bury Me", tra i pezzi più convincenti per grinta e velocità condito dai primi growl, quasi dei gemiti, del giovanissimo G.Garcia. Alla traccia numero 3, già una semi-ballad, la buona "Let It Out" scorre piacevolmente durante i suoi 5 minuti, seguiti da due ottimi pezzi quali "Honest Eyes" e "That Fire" quest'ultimo uno dei brani più riusciti del disco ma con quel tocco 'cool' palesemente visibile dal videoclip che sancisce la snaturazione della band.
Il peggio deve ancora arrivare, iniziano i lenti di stampo Emo/pop adolescenziale quali "Fight Til The End" e "Take It Easy", si cerca di alzare il tiro con "Lost In The Sound" e "Walking Dead Man" ma ormai la frittata è fatta, non può che risultare disgustosa invece la parentesi acustica di "Into The Sky", non voglio neanche cimentarmi a tradurre il testo e ritengo improbabile che sia scritto dallo stesso ragazzino ribelle che scrisse pezzi come "Shockwave" o "Black Widow". Finale irritante con le insipide "Alone" e "Give Hope".
Tralasciando quelle che possono essere le considerazioni personali, è ormai palese come il mercato della musica sia ormai semplicemente un mercato, non c'è più spazio per le idee perchè la priorità va al denaro. Personalmente non incolpo esclusivamente i ragazzini della Florida, che probabilmente se la spassano alla grande a suon di dollaroni e non sanno che in realtà hanno venduto il loro talento alle major mangiasoldi e alle mode, ma è innegabilie che al giorno d'oggi è davvero difficile sperare in un disco metal che possa dire la sua nel tempo.
Non mi rimane che attendere il prossimo degli "Evile" o in alternativa rispolverare "Lights From Above", di seguito la nostalgica recensione de Il Freddo. Volendo essere perspicaci, titolo del disco e copertina potrebbero paradossalmente racchiudere il messaggio che la band vorrebbe lasciare, quello appunto di una morte rappresentata da un album che è si un colpo a salve verso la musica, ma per antitesi incarna l'ennesimo suicidio del Metal moderno.
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