Correnti sotterranee si intrecciano e si disperdono in questo primo album solo di Blaine L. Reininger, uscito nel 1982 e ripubblicato su cd nel 2004 con ben cinque tracce aggiuntive rispetto all'edizione originale. "Broken Fingers" proviene dalla fucina creativa del leader dei Tuxedomoon, band statunitense che ha lasciato un segno indelebile nel panorama new-wave degli anni '80. Se quel gruppo guardava all'Europa come propria terra d'elezione e si identificava stilisticamente con alcune significative esperienze che là si compivano in quegli anni, altrettanto fa Blaine Reininger in questo lavoro, uscito per l'etichetta belga Les Disques du Crépuscule, ma con un taglio ancora più personale e meditato.
Forze centripete (verso Sister Europe, per citare i Psychedelic Furs) si agitano in "Broken Fingers", e sono quelle che danno come risultato brani quali "Magic Time" e "Right Mind", il primo segnato da grevi trame di percussioni elettroniche e synth, il secondo reso più aggressivo dal timbro acido del basso e delle chitarre distorte. Due saggi di stile del suono new-wave del periodo, proprio come la title-track posta in apertura e caratterizzata dall'atmosfera ombrosa e solenne creata dalle sonorità del pianoforte nel registro grave a cui rispondono le tastiere con il loro soffuso controcanto.
Forze centrifughe (via da Sister Europe) sono quelle che sollecitano invece Reininger a guardare verso altri confini, lui che vive in prima persona l'esperienza dell'altrove, ed ecco le sonorità punk-arabeggianti di "Nur Al Hajj", quelle orientali di "Petit Piece Chinoise", o il divertissement latino-messicano di "Gigolo Grasiento".
Ma nel complesso quella di "Broken Fingers" è una musica notturna, riflessiva anche nei suoi momenti più ruvidi e spigolosi, solenne come nella austera cover di "Sons of the Silent Age" di Bowie. Il suono freddo e impersonale delle drum-machines ci riporta a quegli anni, il timbro ora raccolto ora lancinante della voce di Reininger ci restituisce un po' di quel fascino perduto. E per chi amava i Tuxedomoon, un loro demo e due brani dal vivo in chiusura di cd mettono il sigillo a un album che sarebbe un peccato dimenticare.
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