A volte ritornano...

Dalla morte di Shannon Hoon sono passati ben 13 anni, quando, agli inizi di questo 2008, gli altri componenti della band decidono di riprendere l'avventura interrotta con il bellissimo e sottovalutato "Soup".

L'eredità è pesante poiché la particolarità dei Blind Melon, nonostante la notevole capacità strumentale dei musicisti, ruotava attorno alla voce particolare, acuta, sofferta e "magica" di Shannon.

A rimpiazzarlo, in questo "For my Friends" troviamo Travis Warren, dei Rain Fur Rent, voce anch'essa duttile e capace di grandi acuti come quella del predecessore.

Lo si nota subito con "Wishing Well", energica traccia dove il discorso sembra riprendere con coerenza da dove è stato interrotto parecchi anni prima.

Warren tocca le corde di Hoon, la somiglianza risulta subito palese, sebbene un po' forzata nelle parti alte, dove Shannon teneva la tonalità senza molta fatica e, una volta scelta l'ottava di riferimento riusciva egregiamente a rimanervi per "giocare" con la sua voce.

La proposta dei Melon rimane sempre inalterata, come se il tempo non avesse scalfito né intaccato la creatività: accordi e intrecci di chitarre tanto geniali nella loro semplicità, un gusto compositivo al di sopra della media, poco spazio lasciato a virtuosismi, a mio avviso inutili per lo stile proposto,  batteria e basso sempre trascinanti, suoni amalgamati perfettamente.

Si alternano cavalcate hard rock dal gusto zeppeliniano come "Down on the Pharmacy", a ballate ammiccanti verso un approccio più psichedelico e desideroso di esplorare nuove soluzioni stilistiche  ("With the Right Set of Eyes").

La nostalgica "For my Friends" è un inno all'amicizia e al piacere dei momenti passati in compagnia, "Last Laugh", esperimento acustico/elettrico, mette in luce le capacità del vocalist che arriva a toccare, nel finale, tonalità davvero invidiabili.

"Tumblin Down" riprende i canoni indie/folk propriamente cari alla band, qui la somiglianza con lo stile del defunto cantante si sente e non poco, come in "So High", mentre cori e soluzioni vocali, con aperture che rimandano a qualcosa dei baronetti di Liverpool, e tastiere un po' alla Manzarek sono la colonna portante della godibile "Sometimes".

Degna di nota è la bellissima "Hypnotized", mentre, se cercate la potenza e l'energia grezza, potete trovarle in "Make a Difference", granitico pezzo rock con tripudio di batteria e chitarre, uniti alla voce davvero evocativa ed emozionante di Warren che accompagna l'assolo finale degli strumentisti con un acuto sorprendente.

Grande ritorno per una band che aveva veramente lasciato poco al mondo della musica, sebbene perle di grande qualità come l'omonimo album e, appunto, "Soup", oltre ad un album postumo di inediti ("Nico") come testamento ultimo, prima di un silenzio durato ben 13 anni..

Speriamo che la direzione intrapresa resti di buona qualità come dimostrato in questo lavoro che riesce, a mio avviso, nel difficile compito di non far rimpiangere il passato, cosa tra l'altro non riuscita ad una  reunion molto più importante ed attesa che, come posso ben vedere, ha deluso moltissime aspettative.

Carico i commenti...  con calma