4 Settembre 2010, Parco Nord, Bologna.

Caldo torrido, neanche una nuvola in cielo, 35mila persone che riempono l'arena. E' in queste circostanze che si svolgerà la decima edizione dell' I-Day Festival.

Premetto che cercherò di fare una recensione quanto più oggettiva, quindi perdonatemi eventuali pensieri e simpatie, se compariranno fra le righe.

Dopo essere entrati alle 16, dopo quasi un'ora di coda, I Leeches, l'unico gruppo italiano, che aprirà il Festival, hanno già iniziato a suonare. Bravi, quasi sconosciuti per la maggior parte della gente lì presente, ovviamente, però si muovono bene sul palco, il cantante ci chiama "i suoi porcellini tira banane", scherzano, interagiscono.. mettono allegria insomma, e non annoiano mortalmente, come invece (purtroppo o per fortuna) faranno i due gruppi successivi. Non conoscevo gli All Time Low prima del concerto, ma mi hanno deluso e non poco: fanno un pop-punk squisitamente commerciale, uno stile già sentito e ri-sentito. Sembrano sotto tono anche nell'esibizione. E' qua però che c'è uno dei momenti più belli dell'intera giornata: Mark dei Blink 182 fa il suo ingresso sul palco e lancia acqua e adesivi, mentre sono suonati gli accordi di "Dammit". Ovviamente gioia e sorpresa generale per la maggior parte dei presenti. Rinnovato interesse nei confronti di chi saliva sul palco per gli altri. 

Sono le 17 e 30, il caldo non accenna a diminuire e sotto il palco si notano già un numero spropositato di bottiglie vuote. Tocca al primo dei due gruppi Canadesi, i Simple Plan. Io li odiavo già da prima. Ma un'analisi negativa l'avrei data in ogni caso: i quattro partono bene, per carità, fanno tutti i singoloni passati mille volte su Mtv e che ognuno ha sentito per forza di inerzia. Poi si perdono nel loro mondo fatato, e fanno usa serie fottutamente lunga di canzoni smielate che conoscono solo le bimbeminchia e ti fanno addormentare in piedi. Peccato.

Ore 19 e 40. Ancora caldo. Sotto il palco si assembla un numero nettamente maggiore di persone rispetto a prima. Intro di chitarra, "Hell Song". Tocca ai Sum 41, l'altro gruppo canadese. E con "Hell Song" si scatena il caos. Immediatamente ci ritroviamo sbattuti dieci metri più indietro, c'è gente che cade e continua a urlare a squarcia gola, davanti a noi passa un ragazzo che piange e si tiene la pancia. La gente da davanti inizia a spingere per tornare indietro. Si puo' dire che il vero concerto inizia ora. I canadesi suonano solo 50 minuti però. Dieci minuti in meno dei Simple Plan e mezz'ora in meno del programma. Questo può essere riconducibile ai problemi alla schiena di Derick, il frontman, o alla volontà di chiudere prima il Festival (chiuderà infatti alle 22 e 30 invece che alle 24). Tuttavia le note negative ci sono: oltre all'aver suonato troppo poco, i quattro se ne vanno senza salutare e all'improvviso, dopo aver fatto scatenare la folla con tutte le loro canzoni più famose. Alla fine sembrerà quasi gli pesasse far da spalla ai Blink. E poi si perdono nel mettere qualche parola di troppo contro i Simple Plan; spettacolare la frase di Tom, chitarrista, quando dopo aver imitato la voce del chitarrista dei Simple e aver suonanto i primi accordi di "Smoke on the Water", dice: "I can do only this!". Risate generali ma una bottiglia viene comunque lanciata sul palco. Se ne vanno lasciando molto divertimento ma anche molti dubbi.

21 e 30. Blink 182. La band Headliner del festival parte bene, con singoli famosi come "First Date" e "Rock Show". Nel tripudio generale la gente canta e poga, sembrano tornati cazzoni quanto un tempo, prima dello scioglimento. Presto però trapelano le prime perplessità: Mark è stonato, storpia le parole e non canta a ritmo. Questo ovviamente non suscita alcun effetto nei fans sfegatati, ma chi era lì non solo per loro, se ne accorge. A metà esibizione, i Blink rientrano per cinque minuti, e a testimonianza di quanto detto, si alza il coro "SUM 41, SUM 41". Rientrano, si alza la pedana di Travis, ed esegue l'esibizione che per i più varrà il prezzo del biglietto: Travis è veramente fenomenale, fra i migliori batteristi del mondo. Preciso, puntuale e potente, esegue un assolo di dieci minuti, in cui si ritroverà anche a suonare a testa in giù. Veramente bravo. Poi ripartono a suonare, e si risollevano le perplessità di prima. "Dumpweed", "Dammit", "Adam's Song", "What's my age Again", "All the Small Things": i singoloni sembrano canzoni diverse, cantate da Mark, che davvero sembra aver perso la tonalità acuta di un tempo a favore di una voce incapace di raggiungere le note più alte. A tratti sembra anche frammentarsi.

Come detto prima, il festival chiude alle 22 e 30, i 35mila se ne vanno con più gioia che delusione, certo, ma l'I-Day poteva essere migliore. Lasciano parecchie perplessità anche l'acustica e l'impianto audio della postation. Nonostante i difetti, l'esibizione che rimane più impressa è quella dei Sum 41. I Blink, dopo aver fatto una reuonion commercializzata ad arte, forse non si rendono però conto che non è il 1999, e non esistono più solo loro nel panorama musicale.

Voto complessivo alla giornata 8,5. Nonostante tutto, da rifare mille altre volte.

Mi scuso per eventuali errori ma non mi tira il culo di ri-leggere.

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