"Silent Alarm". Un titolo oscuro e promettente, e a tratti pure inquietante.

E' il suono della metropoli, il silenzioso caos che ci assale strisciando alle spalle, un incrocio pressochè perfetto di atmosfere rarefatte ed incroci chitarristici debitori in larga misura al post punk di Gang Of Four e Joy Division. Si tratta del debutto dei londinesi Bloc Party, uscito per la V2 nel 2005.

L'opener, "Like Eating Glass", è un brano costruito seguendo una struttura progressiva, dagli accordi del chitarrista Russel Lissack ai vocalizzi del cantante/chitarrista Kele Okereke, dotato di una notevole estensione vocale, passando per la debordante sezione ritmica composta dal bassista e corista Gordon Moakes e dal batterista (davvero abilissimo) Matt Tong. "It's so cold, in this house", canta Kele. E noi stessi iniziamo a sentire freddo. Il brano si sviluppa, si contorce, sino a sfociare nel riff della successiva "Helicopter", come dei Franz Ferdinand più dark mandati in loop e velocizzati. C'è tempo per l'incubo di "Positive Tension" e per l'ultradinamica "Banquet", destinata fin da subito ad essere remixata all'infinito nel mondo dei club. Non c'è un attimo di tregua, è un viaggio nel Bianco, evocato anche dalla copertina del disco, ci si ferma per un attimo soltanto per gettarsi nel blu di "Blue Light". E poi, si riparte. "She's Hearing Voices" è spaventevole, sorretta dal ritmo marziale della batteria e dalle voci fredde e quasi robotiche. "This Modern Love" è invece una ballata carica di emotività, sorta di elegia notturna ad una ragazza persa nella nebbia. "The Pioneers", invece, ruota intorno agli arpeggi carichi di effetto delle chitarre, ed alle melodie vocali che li accompagnano.

Al termine dell'ascolto, solo un aggettivo può passarci per la testa: "drammatico". E' stato un dramma, ma di quelli da rivivere semplicemente schiacciando di nuovo il tasto Play.

Carico i commenti...  con calma