Mi sorprende spesso l’hip pop, genere che sta letteralmente dominando la scena musicale attuale, tanto che viene da chiedermi, cosa è hip pop e cosa non è hip pop adesso? A rispondermi ci pensa Blockhead con “The Music Scene”, album rilasciato nel 2009 sotto Ninjia Tune, nota etichetta inglese di musica elettronica.

E veniamo alle presentazioni: Blockhead è James Tony Simon, producer newyorkese di fama prettamente underground, nonchè figlio d’arte. Fino dalle sue prime produzione, James Simon è sempre rimasto affascinato dal lato più soulful e musicale dell’hip hop:  questo aspetto in particolare si riflette moltissimo nel suo quarto album “The Music Scene” e ne rappresenta un punto di forza. Ma non è l’unico aspetto caratterizzante di questa ultima produzione: infatti l’utilizzo del sequencer Live di casa Ableton permette  a Blockhead di agevolare il processo creativo e di approcciarsi alla musica proprio come un pittore approccia alla sua tela, mischiando ritmi e influenze come colori su una tavolozza. Le 12 tracce dell’album possono essere viste come un gigantesco ritratto sonoro del panorama musicale che ci circonda, ergo il mondo in cui viviamo, e ognuna di esse è allo stesso tempo come un paesaggio, un punto di vista a sè stante. Ci gettiamo nell'ascolto con “It’s raining cloud”, e da subito giunge all’orecchio un down-tempo giunglesco carezzato da strumenti etnici che bruscamente accellera alla fine. Segue “The Music Scene”, il pezzo più rappresentativo dello stile dell’album: vi sfido a definire a quale genere appartenga esattamente questa traccia che spazia dalla world music al trip hop. Sicuramente le influenze più funk dominano in “Only Sequences Change” e in “Tricky Turtle” ma la quantità di strumenti, clips e suoni che fanno irruzione (con gran gusto) scagionano anche in questo caso ogni tipo di categorizzazione. “Which One Of You Jerks Drank My Arnold Palmer” invece possiede un flow veramente forte, e qui invece siamo molto in stile Gorillaz. Vi segnalo infine il groove orientaleggiante di “Attack the Doctor” e il beat sapientemente costruito di “Farewell Spaceman”, ultima traccia dell’album.

Conclusioni: “The Music Scene” rappresenta una finestra sullo sterminato melting pot musicale e culturale in cui siamo immersi tutti i giorni. Se il punto di partenza è un hip pop, il punto di arrivo non è ben definibile se non attraverso l’espressione “hip pop maturo”. Trascurando l’utilizzo di alcuni samples e campioni, bisogna ricordare che l’album è totalmente strumentale e forse l’inserimento di una voce calda e trascinante avrebbe reso l’ascolto di alcuni pezzi ancora più irresistibile. Ma nonostante questa piccola lacuna “The Music Scene” è sicuramente un lavoro unico e mai ripetitivo, testimone delle immense potenzialità che le nuove tecnologie musicali possono donare agli artisti.

 

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