Coxon deve averci preso gusto, a farsi ispirare da serie tv (a loro volta ispirate da graphic novels): dopo i ben due volumi di “The End of the F***ing World” (il secondo volume, nonché suo decimo disco da solista, è uscito appena 3 mesi fa), rieccolo per “I Am Not Okay With This”, ma questa volta la colonna sonora ha una veste decisamente diversa e obliqua.

Partito inizialmente dalla composizione di un solo pezzo (“Fly”) commissionatogli dal regista (il medesimo di “The End of The F***ing World”), un brano che doveva accompagnare un momento chiave del racconto (uno dei protagonisti è appassionato di una sconosciuta band, i “Bloodwitch”, appunto, e li “utilizza” per creare una prima connessione con la principale protagonista), Graham si appassiona invece in modo particolare all’idea della “fake band” creata appositamente per la serie e continua a comporre pezzi su pezzi, a questo punto idealmente non più solo suoi, ma dei Bloodwitch, fino a trovarsene una quantità sufficiente per un intero disco: al canto, assieme a Coxon, c’è Tatyana Richaud, una giovanissima musicista e cantante, con una voce angelica (o demoniaca a seconda dei punti di vista) alla Bilinda Butcher dei My Bloody Valentine.

E proprio i My Bloody Valentine, infatti, sono una delle influenze dichiarate per un disco che si muove tra shoegaze, psichedelia e dreampop. C’è anche una sorta di “storia ufficiale fittizia” della band, che è un duo che esordisce nel 1983, quando i componenti avevano tra i 16 e i 19 anni, le cui influenze principali sono appunto i già citati My Bloody Valentine (non tanto quelli di “Loveless” quanto quelli degli “Ep’s 1988-1991”), i Jesus and Mary Chain (quelli di “Psychocandy”, ovviamente) e i Velvet Underground (soprattutto quelli del bananone, direi): ovvero tre delle ossessioni musicali del Coxon adolescente. Questo loro primo album, inoltre, andrebbe considerato come un loro “Best of”: ascoltando i pezzi, infatti, si dovrebbe cogliere la loro evoluzione stilistica, con l’ossessiva “Motorcade” a rappresentare, ad esempio, il loro primo singolo pubblicato (quando erano più grezzi), per poi da lì adottare una vena più dolce, psichedelica e raffinata, sempre accompagnata dall’elaborato lavoro noise delle chitarre. Insomma il rumore e il miele come un’entità unica e indivisibile, nella migliore tradizione dei fissascarpe.

La chitarra di Coxon è infatti costantemente in modalità “individuazione chirurgica della direzione precisa da dare al rumore”: è oramai più di vent’anni che lo seguo con e senza i Blur, ma ogni volta rimango a bocca aperta per il suo utilizzo ipercreativo e personale delle possibilità espressive della chitarra e per gli standard altissimi del livello compositivo. Estasi (la già citata “Fly”, probabilmente il cuore del disco, “Forever and Never”, “Vanilla Skin”, “A Higher Place”, “I’m Yours Tonight”), oscurità (“Bloody Witch”, la già citata “Motorcade”) e solarità (“Skipping Stone”, “Gotta Have Soul”, “Hey Little Girl”) sono gli ingredienti del mood del disco, che probabilmente non rimarrà un “unicum”: è infatti già in cantiere il loro secondo album, che dovrebbe uscire in contemporanea al lancio della seconda stagione della serie.

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