Novembre 1993: "Modern Life Is Rubbish", pur essendo stato osannato dalla critica, si è rivelato un flop commerciale (durante il '93 non superò le 40000 copie). I Blur sono al verde, per cui iniziano a lavorare a un nuovo album, ancora più motivati a esaltare l'inglesità e a rifiutare il giunge, tanto da voler mettere in copertina una foto di Buckingham Palace.

A fine gennaio hanno in mano una manciata di ottimi brani, che andranno a costituire una delle pietre miliari del Britpop: "Parklife", uscito il 25 aprile 1994, fu un successone di vendite (2 milioni di copie in Inghilterra), coronato da una valanga di premi (tanto per citare, ai Brit Awards 1995, vinsero 4 premi, record tuttora imbattuto). Come mai tutto questo successo? Certo ciò è dovuto a un salto di qualità: dopo l'eccellente ma piuttosto anticommerciale "Modern Life..." i Blur rinfrescano il loro suono, dando vita a brani catchy e perfetti.

L'album è stato anticipato tre settimane dopo la mia nascita da "Girls & Boys", il brano britpop-disco per antonomasia insieme a "Common People" dei Pulp. Le radio iniziano subito a passarlo a manetta e il singolo arriva alla #5 UK. Quando agli inizi di aprile sui vari NME, Sunday Times, Select, Loaded, urlano letteralmente al miracolo, definendo il disco un capolavoro. Fine aprile: esce l'album, schizza al numero 1 della classifica UK e scalza "The Division Bell" dei Pink Floyd. Fino al 1996 non si schioderà dalla classifica inglese.

I brani contenuti sono delle vere perle, e traggono ispirazione da tutta la migliore musica degli anni ‘60/'70 e anche '80: in "Tracy Jacks", "End Of A Century", "Magic America" possiamo cogliere echi dei Kinks e dei Beatles più scanzonati; "Bank Holiday" e "Jubilee" sono dei punk al 100%, con testi demenziali e accordi velocissimi; abbiamo anche ballate, come "Badhead" e "To The End", sprazzi esotici in "Lot 105", una marcetta-waltzer ("The Debt Collector"), un po' di elettronica alla Devo in "Trouble In The Message Centre". Nell'epica "This Is A Low" possiamo cogliere echi dei Beatles più psichedelici e romantici (a tratti mi ricorda "A Day In The Life", non so perché...)

Ma una nota va fatta per alcuni brani che definiscono il suono dei Blur nel periodo 1994-1995: "Parklife", dove strofe semi-rappate con accento spudoratamente cockney dall'attore di Quadrophenia, Phil Daniels, convivono con un ritornello ultra-catchy, che si stampa in testa. "Far Out" è cantato dal bassista Alex James, ha sonorità le cui influenze non riesco a definire... il testo è composto da soli nomi di costellazioni (un po' come "Astronomy Domine" dei Pink Floyd). Ho trovato tempo fa il demo e trovo che sia un peccato l'aver cambiato l'arrangiamento così radicalmente: da punk ad acustica (infatti con la voce ci sono solo un organo e una chitarra).

Anche i brani scartati dalla scaletta sono straordinari: c'è una sorella di "The Debt Collector", intitolata "The Anniversari Waltz"; c'è la bizzarrissima "Magpie", dove cogliamo le sonorità dei primi Blur, piuttosto Baggy e un ritornello super-britpop. Il finale è a sorpresa: un casino pazzesco seguito da una parte folkeggiante. "People in Europe" è un brano disco sullo stile di "Girls & Boys", con un testo formato da frasi in varie lingue europee (tra cui l'italiano "Ciao Ciao Bella, Monaco") e un ritornello Pa Paa Pa Paa divertentissimo. Durante queste sessions i Blur scaturirono un brano jazz, "Beard", dove la bravura di ogni singolo componente del gruppo viene a galla più che in qualsiasi altro loro pezzo.

Ultima nota: nel booklet ci sono nuovamente gli accordi e i testi dei brani, questa volta però scritti a mano su fogli a quadretti, scontrini, ricevute di pagamenti di hotels, e c'è anche lo spartito di "The Debt Collector". Un motivo in più per comprarlo originale...!

Ascoltate quest'album, non ve ne pentirete.

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