Sul fatto che il Black metal sia il genere più controverso del carrozzone metallico penso che ci siano pochi dubbi. Un genere che probabilmente è qualcosa di più, forse una vera e propria filosofia, e che ci ha regalato pagine di musica memorabili, offuscate però da eventi che lo sono ancora di più. Un movimento tanto musicalmente intrigante quanto infestato o da delinquenti, o da filonazisti o da semplici teste di cazzo; un movimento nato da un gruppo di pazzi (i Mayhem, band in cui, a mio parere, gli eventi esterni alla loro musica hanno avuto un peso quantomeno equivalente a quest'ultima) e spesso continuato su questa linea. E che dunque? Diremo forse che è il genere in sè ad essere errato? Ovviamente no. Rammentate Platone: l'eros -in questo caso potremmo dire "la passione musicale"- va orientato verso il Bene (qui basta la decenza), e siamo noi a doverlo fare. Fortunatamente, alcuni hanno agito in questo senso, facendo nascere una serie di filoni tematicamente diversi (quello sulla natura, quello più introspettivo...) e una miriade di nuove proposte musicali.
Dov'è la correlazione tra questi due fenomeni? Nel fatto che, ad esempio, nel Black metal sperimentale è più difficile trovare artisti che trattino di satanismo e anticristianesimo in senso stretto (quelli beceri e ormai tradizionali). Così è per i francesi Deathspell Omega, che parlano (talvolta) di un satanismo che si potrebbe dire metafisico; e così è per i loro connazionali Blut Aus Nord, da sempre amanti della filosofia e del misticismo; un gruppo dalla statura artistica forse inferiore agli ineffabili DSO, che però dimostra come, nell'ambito dell'attuale Black avanguardistico, la Francia sia probabilmente superiore addirittura alla Norvegia (e ricordiamoci anche di Alcest). Volete sapere come lo dimostra? Sfornando un altro grande, splendido album: "777: Sect(s)".
Dunque, 777; il 7 al posto dell'ormai abusato 6. Come intendere questo titolo, e di conseguenza l'intera opera? Il 7 è certamente un numero dall'elevatissima potenza simbolica (è una cifra chiave del Buddhismo, ad esempio), ma verso quali lidi è incanalata questa potenza? 7 è il numero delle virtù e dei sacramenti, ma anche quello dei peccati capitali. Ebbene, se qui non si va verso una sconveniente malvagità, ci si adagia però su posizioni che oscillano tra un Schopenhauer e un Nietzsche. Almeno, questo è ciò che ci permettono di dedurre gli sparpagliati assiomi (rigorosamente in francese) che troviamo nelle sei epitomi in cui questo disco si divide. Un'epitome è un compendio, un riassunto di una vasta opera; e l'opera dei Blut Aus Nord racconta un mondo tragico, simil-leopardiano, dove il vivere è in realtà un non-vivere, dove l'errore e l'incomprensione danzano spietati sul mondo, dove c'è spazio solo per una fine eterna, che non può essere lieta, ed è sempre più imminente.
La musica veicola lo stesso messaggio, e, dal punto di vista prettamente stilistico, è quasi una summa di tutti i tratti distintivi della proposta dei francesi: sullo sfondo di un angusto Black metal abbiamo spunti Industrial, che talvolta cedono la dritta a momenti Ambient o a quelli che sono accenni addirittura di Drone; inoltre, una certa continuità con "Memoria Vetusta II" è a mio avviso garantita dai bizzarri riff della chitarra di Vindsval. Ad ogni modo, ogni epitome è una storia a sè: la prima parte subito spietata, per fare poi spazio a una conclusione spettrale; la seconda è un pezzo che potremmo definire "doomish" e che si gioca interamente sui riff che lo pervadono; sembra che ci sia un lieto fine, ma il terzo brano (affine al primo) vi smentirà prontamente. Il vero cardine del disco è pero il quarto episodio: un lunghissimo brano di dodici minuti che media tra l'aggressività della prima triade e il carattere più mistico, quasi esoterico delle ultime due epitomi; la sesta, poi, con le sue chitarre che tessono geometrie crudeli e implacabili su suoni di un'altra dimensione, è un altro capolavoro. In generale, insomma, questo lavoro trasuda disagio, oppressione, pessimismo cosmico, terrore lucido; sembra quasi l'opera di un trio spettrale, piena zeppa di lamenti dei dannati, spigoli discordanti, sintetizzatori nauseanti, scream aspri e un mid-tempo angosciante.
Ora, io non critico dal punto di vista musicale le opere dei Mayhem (seminali), dei Gorgoroth o di chi per loro; tuttavia, lasciatemi dire che preferisco lavori che per piacere non hanno bisogno di ricorrere alle loro stronzate. Il valore della musica dovrebbe risiedere all'interno, non all'esterno di essa: lezione che ci sembra scontata, ma che molti blackster oltranzisti ignorano. E allora, godiamoci queste sei perle dei Blut Aus Nord, per quanto questo sia possibile. Un'ultima chicca? Questo è solo il primo capitolo di una trilogia che sarà compiuta (in teoria) entro la fine dell'anno, tutta dedicata alla magica cifra 777. E il secondo "777: The Desantification" uscirà fra soli tre giorni. Slurp.
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